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Obiettivo immunità di gregge

Dai vaccini alla ricerca, contro il Covid non c'è tempo da perdere

Silvio Garattini*

Organizzazione e pianificazione: solo così batteremo davvero il virus

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Le disgrazie non arrivano mai da sole e anche le cattive notizie non fanno eccezione. Il riferimento è naturalmente rivolto alla disponibilità dei vaccini contro il Sars-Cov-2. La disponibilità originale era già insufficiente per ottenere nel tempo la cosiddetta immunità di gregge o di comunità perché i tre vaccini disponibili – AstraZeneca, Pfizer BioNTech, Moderna – assommavano a circa 76 milioni di dosi, pari alla vaccinazione – nel caso delle due dosi – di circa 38 milioni di persone. Una disponibilità insufficiente perché l’immunità di gregge potrebbe richiedere in Italia la vaccinazione di 48-57 milioni di persone. Inoltre, poiché le forniture dei vaccini erano limitate ai primi tre trimestri del 2021, è chiaro che i ritardi, soprattutto quello di AstraZeneca che rappresentava più del 50 percento delle dosi, non potranno permettere di chiudere la campagna vaccinale per la fine dell’anno.

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Le disgrazie non arrivano mai da sole e anche le cattive notizie non fanno eccezione. Il riferimento è naturalmente rivolto alla disponibilità dei vaccini contro il Sars-Cov-2. La disponibilità originale era già insufficiente per ottenere nel tempo la cosiddetta immunità di gregge o di comunità perché i tre vaccini disponibili – AstraZeneca, Pfizer BioNTech, Moderna – assommavano a circa 76 milioni di dosi, pari alla vaccinazione – nel caso delle due dosi – di circa 38 milioni di persone. Una disponibilità insufficiente perché l’immunità di gregge potrebbe richiedere in Italia la vaccinazione di 48-57 milioni di persone. Inoltre, poiché le forniture dei vaccini erano limitate ai primi tre trimestri del 2021, è chiaro che i ritardi, soprattutto quello di AstraZeneca che rappresentava più del 50 percento delle dosi, non potranno permettere di chiudere la campagna vaccinale per la fine dell’anno.

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Dai dati disponibili in Italia, sono state finora vaccinate circa 1,2 milioni di persone, di cui solo 40 mila con doppia dose, prevalentemente nel mondo sanitario e nelle case di riposo. Se paragoniamo la situazione ad altre parti del mondo si può tuttavia pensare che si poteva far meglio, considerando il 5,7 per cento degli Stati Uniti, l’8,62 del Regno Unito, addirittura il 23,6 degli Emirati Arabi nonché il 38,8 per cento di Israele. Come mai questi deludenti risultati europei? Si poteva fare meglio? Forse sarebbe bene riflettere e non solo protestare, perché evidentemente la vecchia Europa ha sottovalutato i problemi, è partita in ritardo, non ha pensato che nell’emergenza non tutto può essere previsto. A complicare le cose si aggiunge anche la presenza di numerose varianti del Cov-2, un virus peraltro relativamente stabile rispetto ad altri, come ad esempio quello dell’influenza che richiede un cambio di vaccino ogni anno.

 

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Si calcola che dall’inizio della pandemia siano avvenute almeno 4 mila mutazioni, ma sono almeno tre quelle più significative e rilevate a partire dal settembre 2021: quella inglese, la sudafricana e la brasiliana, tutte presenti anche in Europa. Perché ci dobbiamo preoccupare? Anzitutto perché quanto più il virus permane in circolazione tanto più ha la possibilità di mutare con risultati non prevedibili. In secondo luogo perché il virus mutato potrebbe aumentare la contagiosità, oppure la sua capacità di aumentare il numero di casi ad alta gravità. In terzo luogo, perché il virus potrebbe divenire insensibile o poco sensibile all’effetto del vaccino. Di fronte a questi problemi che possono avere conseguenze disastrose non possiamo limitarci ad aspettare quel che ci riserverà il futuro o ad agire attraverso azioni legali: dobbiamo utilizzare i nostri migliori esperti per studiare tutte le possibili misure capaci di accelerare la disponibilità dei vaccini. Dobbiamo avere un gruppo di lavoro che attraverso tutte le possibili relazioni internazionali accerti quali sono gli sviluppi degli oltre sessanta vaccini che, avendo superato la fase della sperimentazione animale, sono a livello clinico ed alcuni già al termine della fase 3.

 

Non si attenda l’autorizzazione dell’Ema – peraltro indispensabile – per stabilire prenotazioni sul vaccino russo e sui due vaccini cinesi che sono già disponibili. Abbiamo anche vaccini italiani che dovrebbero essere aiutati estendendo la valutazione e sostenendo per tempo le strutture necessarie per averne a disposizione quantità adeguate. Potrebbe essere possibile realizzare anche in Italia una sede per la produzione del vaccino Pfizer o Moderna, così come ha fatto la Germania per il vaccino Pfizer creando due nuove sedi di produzione oltre a quella già esistente in Belgio. Non bisogna perdere nessuna delle opportunità per accelerare la disponibilità dei vaccini; ma per far questo sono necessarie competenze, organizzazione e risorse. Analogamente, potremmo fare lo stesso tipo di discorso per i farmaci e in particolare per gli anticorpi monoclonali in corso di sviluppo clinico. Stiamo attenti, non aspettiamo l’ultimo momento per fare prenotazioni, non aspettiamo l’approvazione dell’Ema e cerchiamo, invece, di partecipare agli studi in corso.

 

Per quanto riguarda le varianti siamo in grandissimo ritardo. Se osserviamo i dati disponibili sulla piattaforma Gisaid, che raccoglie tutte le sequenze genomiche del Cov-2, ne troviamo circa 380 mila, di cui il 45 per cento prodotte nel Regno Unito, il 7 dalla Danimarca, ma solo lo 0,034 percento dall’Italia. Come facciamo a renderci conto di ciò che circola in Italia, se non facciamo analisi al di là di alcuni gruppi di buona volontà? Per fare qualcosa di significativo dovremmo moltiplicare le analisi genomiche di almeno cento volte. Bisogna perciò creare una rete di enti che possa fare questo lavoro, con attrezzature e risorse adeguate. Per ogni variante dovremmo essere in grado di valutare rapidamente se il vaccino rimane ancora attivo. Avere lasciato la ricerca italiana nella miseria non è stata una grande idea. Il governo deve prendere seriamente queste ed altre possibili iniziative, evitando troppe deleghe alle regioni.

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Nel frattempo, non bisogna dimenticare di creare le strutture organizzative per affrontare il problema della vaccinazione, quando i vaccini saranno disponibili in grande quantità. Occorre far presto e far bene, evitando ciò che è successo per il vaccino influenzale e con il tracciamento Immuni. Intanto, cerchiamo di utilizzare le vaccinazioni in corso per avere informazioni. E’ incredibile che chi viene vaccinato anche per la seconda volta non riceva un questionario per valutare quali siano stati gli effetti collaterali e in seguito non venga valutata, almeno su un campione, la produzione di anticorpi. Perdiamo dati preziosi per valutare eventuali differenze fra i vaccini. Il governo deve aumentare l’informazione sui vaccini con dati concreti e con persone credibili, tenendo conto di quanti italiani sono ancora per lo meno dubbiosi. Infine, ricordiamo che per ora la difesa migliore dal virus dipende da noi con le regole di sicurezza note a tutti, ma non da tutti praticate.

 

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Silvio Garattini, presidente Istituto ricerche farmacologiche Mario Negri Irccs

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