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Animalisti negazionisti

Corrado Sinigaglia

“Così è difficile fare ricerca in Italia”. Parla Luca Bonini, scienziato vincitore Erc e minacciato per il progetto LightUp

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È di qualche settimana fa la notizia che ben 47 italiani hanno vinto lo Erc Consolidator Grant, un finanziamento destinato a ricercatori di ogni nazionalità che abbiano concluso il dottorato da almeno 7 anni e che presentino un progetto di studio altamente innovativo. Molti hanno fatto notare, però, che se siamo primi in Europa come numero di vincitori, le cose cambiano se guardiamo quanti di loro porteranno il finanziamento ricevuto nel nostro paese. Solo 17, infatti, dei ricercatori risultati vincitori legheranno il loro progetto a un’università o un centro di ricerca italiani. Uno di questi è Luca Bonini, professore all’Università di Parma, balzato alle cronache (anche se nolente) negli ultimi mesi, insieme al collega Marco Tamietto, professore all’Università di Torino, per l’ormai famosa querelle legata al progetto “LightUp” anch’esso vincitore di un grant Erc.

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È di qualche settimana fa la notizia che ben 47 italiani hanno vinto lo Erc Consolidator Grant, un finanziamento destinato a ricercatori di ogni nazionalità che abbiano concluso il dottorato da almeno 7 anni e che presentino un progetto di studio altamente innovativo. Molti hanno fatto notare, però, che se siamo primi in Europa come numero di vincitori, le cose cambiano se guardiamo quanti di loro porteranno il finanziamento ricevuto nel nostro paese. Solo 17, infatti, dei ricercatori risultati vincitori legheranno il loro progetto a un’università o un centro di ricerca italiani. Uno di questi è Luca Bonini, professore all’Università di Parma, balzato alle cronache (anche se nolente) negli ultimi mesi, insieme al collega Marco Tamietto, professore all’Università di Torino, per l’ormai famosa querelle legata al progetto “LightUp” anch’esso vincitore di un grant Erc.

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Incontro Luca nel suo studio a Parma. E’ visibilmente soddisfatto. Ne ha ragione. Solo per ricordare qualche numero: Luca ha vinto uno Erc Starting Grant nel 2016, un Proof of Concept Grant nel 2020 e adesso un Erc Consolidator Grant 2020. In tutto, sono oltre 3 milioni e mezzo di euro di finanziamento, che hanno consentito e consentiranno di assumere una decina di ricercatori. “Questo progetto – mi spiega Luca – riguarderà la possibilità di indagare i meccanismi di base dei comportamenti emotivi più elementari in condizioni di interazione sociale. Registreremo l’attività cerebrale con sistemi senza fili, lasciando gli animali liberi di interagire, in un contesto altamente etologico. E’ un passo avanti importante, che potrebbe aiutarci a chiarire i principi fondamentali della socialità”.
Non posso fare a meno di chiedere a Luca se, dopo mesi e mesi passati a essere accusato di essere un “torturatore” di animali e per questo aver subìto ripetuti atti di violenza, non solo verbale, abbia mai pensato di abbandonare il nostro paese e di fare ricerca altrove. “Qualche offerta c’è stata – mi risponde – ma in me ha prevalso sempre la volontà di continuare una tradizione, quella dell’Istituto di Neuroscienze di Parma, che ha pochi eguali nel mondo e che merita di sopravvivere per quanto ha prodotto e ancora può produrre in termini di nuove scoperte e conoscenze. Certo, altrove le cose sarebbero state molto più facili. E’ difficile far capire ai colleghi stranieri quello che stiamo subendo. Provo sconforto quando vedo che le nostre istituzioni, ministero della Salute in primis, faticano a garantire la libertà di fare ricerca, ovviamente nel pieno rispetto delle leggi. Chiunque faccia ricerca sa bene che la diversità di opinioni è un valore fondamentale per il progresso, non solo scientifico. Ma questo non significa che tutte le opinioni possano stare sullo stesso piano e che il riscontro dei dati non conti. Eppure, se guardiamo a quello che succede nel nostro paese, tutto sembra contare tolto i dati scientifici”.

 

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Proprio in questi giorni avrebbero dovuto essere discussi dal Parlamento due emendamenti che miravano a recepire pienamente la normativa europea in tema di sperimentazione animale. Forse, non tutti sanno che l’Italia è sotto procedura di infrazione su questo tema dal 2016. Per quanto possa sembrare paradossale, nessuno dei pareri unanimi espressi dalla totalità della comunità scientifica, dal ministero della Salute, dalla Conferenza dei rettori delle università italiane è stato preso in considerazione. “Ho letto – mi dice Luca – dichiarazioni di esponenti dei vari movimenti animalisti che antepongono la necessità di ricorrere a metodi alternativi alla loro esistenza: per la ricerca di base in neuroscienze, metodi alternativi, oggi non esistono. E nessuno potrebbe indicare anche un solo metodo per dimostrare il contrario. Accusano i ricercatori di vivere in un mondo ottocentesco, di non conoscere le più recenti metodologie. Eppure, sono proprio i ricercatori che utilizzano gli animali a inventare, proporre e validare i metodi che possono farne a meno. Io sarei il primo a rinunciare alla sperimentazione animale se vi fossero davvero metodi alternativi. Al momento, però, non ci sono”.

   

L’aspetto bizzarro è che negli emendamenti proposti c’era anche il finanziamento per la ricerca di procedure alternative. Questo dice molto della deriva puramente ideologica che caratterizza il dibattito oggi in Italia. “E’ la cosa più faticosa da accettare, specie in un periodo come questo, in cui la sperimentazione animale ha un ruolo chiave nella ricerca dei vaccini. E tuttavia – conclude Luca – credo che noi ricercatori abbiamo l’obbligo di impegnarci sempre di più per far capire a tutti quanto l’impresa scientifica sia importante. Naturalmente, dobbiamo imparare noi per primi a comunicare e discutere metodi e risultati scientifici in modo comprensibile e accessibile per il maggior numero di persone possibili. Lo hanno fatto in passato scienziati ben più grandi di noi. Dobbiamo farlo noi oggi se vogliamo che la ricerca consenta al nostro paese di avere un futuro degno di questo nome”.

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