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Il “pensiero magico” nella comunicazione sul vaccino contro il Covid

Gilberto Corbellini e Alberto Mingardi

Fatta la tara delle esigenze di copertura dei palinsesti, qualcuno si è chiesto o ha studiato se gli investimenti che vengono fatti per pubblicizzare la vaccinazione, producono adesione nella popolazione che assiste ai rituali?

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La vaccinazione, come principio, è un’invenzione del pensiero magico. L’idea precede di molto la scienza. Cominciarono gli allevatori cercando di mitridatizzare gli armenti, e poi i cinesi sniffando croste di vaiolo. La pratica era comunque diffusa anche in Africa. La legge magica dei simili implica che un certo livello di esposizione alla malattia possa condurre alla protezione, e questo prima che si sapesse di immunità, batteri e virus. Ciò però non basta a spiegare perché intorno al vaccino anti Covid, che è il più tecno-scientifico della storia moderna, si stiano praticando una serie di riti mediatici apotropaici e propiziatori. A partire dall’elezione del primo a essere vaccinato a vantaggio di telecamera.  

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La vaccinazione, come principio, è un’invenzione del pensiero magico. L’idea precede di molto la scienza. Cominciarono gli allevatori cercando di mitridatizzare gli armenti, e poi i cinesi sniffando croste di vaiolo. La pratica era comunque diffusa anche in Africa. La legge magica dei simili implica che un certo livello di esposizione alla malattia possa condurre alla protezione, e questo prima che si sapesse di immunità, batteri e virus. Ciò però non basta a spiegare perché intorno al vaccino anti Covid, che è il più tecno-scientifico della storia moderna, si stiano praticando una serie di riti mediatici apotropaici e propiziatori. A partire dall’elezione del primo a essere vaccinato a vantaggio di telecamera.  

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I cori degli intellettuali intonano preghiere laiche al vaccino, con l’obiettivo di indurre le persone comuni a fare lo stesso: vuoi perché hanno seguìto, come fossero al Grande fratello, il tragitto delle dosi arrivate in Italia o perché in loro scatta una qualche empatia con i primi “salvati”. A cosa servono questi rituali? Fanno davvero parte di una qualche strategia per gestire contagi e reazioni della popolazione? La persistenza di una comunicazione che intercetta il pensiero magico è un modo per condizionare coloro che sono esitanti verso i vaccini antiCovid? Davvero può funzionare? Si tratta di una novità rispetto al modo in cui nel passato furono introdotti i vaccini nella pratica sanitaria? Che cosa accadeva nel passato?

 

Ci sono stati ingenti investimenti, soprattutto politici, nel vaccino, perché effettivamente è, insieme agli anticorpi monoclonali in arrivo, l’unico intervento sanitario che potrebbe restituirci una certa condizione di normalità, liberandoci dalle misure di sanità pubblica degli ultimi mesi. Ma perché funzioni lo deve fare tra il 70 e l’85 per cento (fonte: Anthony Fauci), che equivale a raggiungere la mitica immunità di gregge. Ciò non è scontato. Siccome non sappiamo come convincere un numero teoricamente sufficiente, istruiamo tutte le possibili narrazioni. L’obiettivo è trasferire in modi romanzati, emotivamente carichi, facendo appello a sentimenti comunitari, la tragicità del momento. In realtà dovranno passare mesi, o forse un anno, prima che sia disponibile la quantità sufficiente di vaccini per raggiungere l’immunità di gregge. Ma intanto godremo di qualche giorno di sollievo, perché l’incantesimo o il malocchio è stato rotto o allontanato dal codice magico dell’mRna.

 

Il vaccino è uno straordinario successo delle nostre società a divisione del lavoro avanzata, non c’è dubbio. Ma anch’esso contribuisce alla scelta, più o meno dichiarata, che i governi hanno fatto per noi: la scelta di abdicare ancora una volta alla responsabilità individuale per lasciar spazio al paternalismo delle classi dirigenti. La strategia riuscirà a centrare i pur nobili obiettivi dichiarati? Fatta la tara delle esigenze di copertura dei palinsesti, qualcuno si è chiesto o ha studiato se gli investimenti che vengono fatti per pubblicizzare la vaccinazione, producono adesione nella popolazione che assiste ai rituali? Se ci spostiamo a questo livello troviamo, leggendo il New York Times e i sondaggi Pew Center, che vi sarebbe una lieve diminuzione delle persone contrarie a vaccinarsi negli Stati Uniti, e questo sarebbe attribuito anche ai rituali delle vaccinazioni trasmesse in televisori. Ma non è detto che lo stesso valga in Europa, dove secondo l’Economist il 46 per cento non intende vaccinarsi. Il dato include tanto i Russi (50 per cento) che gli inglesi (15 per cento). In Italia i potenziali non vax sono il 33 per cento, che è poi la soglia per stare dentro o fuori l’immunità di gregge.

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Ci sono aspetti storicamente interessanti nello scenario in corso. Per esempio, i paesi come l’Inghilterra che nell’Ottocento si opponevano con argomenti liberali all’obbligatorietà e in generale alla vaccinazione antivaiolosa, oggi sono filo vaccini molto più di Francia e Germania (40 per cento). L’unico riferimento pertinente per questa campagna di vaccinazione è la vaccinazione antipolio che negli Stati Uniti iniziò a metà anni Cinquanta, sull’onda di un movimento d’azione filantropica per sviluppare i vaccini Salk e Sabin. Le prime campagne mediatiche televisive ebbero un significativo impatto sull’adesione, ma la polio era una malattia molto diversa. Essa causava disabilità ai bambini e le famiglie ne erano atterrite. La paura era concreta, nutrita di casi terribili e prossimi, non solo dei numeri del contagio. In Italia, purtroppo riuscimmo a fare un mezzo disastro, a causa di ritardi ed errori che ci valsero circa 10.000 nuovi casi di polio evitabili, con 1.000 morti e 8.000 paralitici. Questa volta la macchina delle vaccinazioni, per le stesse caratteristiche dei vaccini, dipende in larga misura da imprese e infrastrutture internazionali. Compagnie aeree, aeroporti, grandi aziende della logistica sono impegnate a non sprecare il lavoro degli scienziati. L’auspicio è che saremo almeno capaci di copiare dagli altri.

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