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editoriali

Non chiedere alla scienza una verità

La virologia ha bisogno di meno talk-show e di più cultura del dubbio

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Le differenze di opinione tra i virologi, che talora si trasformano in contrapposizioni a causa della straordinaria presenza mediatica cui la situazione espone la categoria, fanno scandalo. Non dovrebbe invece stupire che in questo come in tanti altri campi scientifici esistano metodologie diverse che portano a conclusioni divergenti. Questo, ovviamente, è frequente in quei settori di ricerca che si basano su dati empirici e non possono ricorrere a esperimenti ripetibili. Ci si stupisce di questa che è in realtà la condizione naturale dell’indagine scientifica, che vive di contrasti e di confronti, probabilmente perché si era fatto troppo conto su una “verità” tecnica alla quale si dovevano riportare tutte le scelte politiche.

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Le differenze di opinione tra i virologi, che talora si trasformano in contrapposizioni a causa della straordinaria presenza mediatica cui la situazione espone la categoria, fanno scandalo. Non dovrebbe invece stupire che in questo come in tanti altri campi scientifici esistano metodologie diverse che portano a conclusioni divergenti. Questo, ovviamente, è frequente in quei settori di ricerca che si basano su dati empirici e non possono ricorrere a esperimenti ripetibili. Ci si stupisce di questa che è in realtà la condizione naturale dell’indagine scientifica, che vive di contrasti e di confronti, probabilmente perché si era fatto troppo conto su una “verità” tecnica alla quale si dovevano riportare tutte le scelte politiche.

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C’è stato anche un eccesso di motivazioni tecniche per le decisioni politiche, che invece, pur partendo dalla massima considerazione per i pareri scientifici, poi deve commisurarli ad altre variabili, a cominciare da quelle economiche e sociali, e poi assumersi la responsabilità e il rischio di decisioni che non sono mai indiscutibili. Ovviamente è necessario basarsi sui dati forniti dalle indagini tecniche e scientifiche, ma questo è tutt’altra cosa dall’affidarsi alle opinioni degli scienziati, in questo caso di virologi ed epidemiologi.

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Anche le loro opinioni sono, in un certo senso “politiche”, non perché siano influenzate da orientamenti partitici, ma perché risentono di scuole di pensiero, di attitudini e scelte metodologiche, di specifici approcci ai problemi. Ognuno deve fare il suo mestiere: la politica non può esaurire il suo compito nell’applicazione di “ricette” dettate dai tecnici e dagli scienziati, ricette che peraltro non sono convergenti appunto perché portano i segni di un dibattito vivo e reale. Se il decisore sbaglia quando cerca di gabellare come “scientificamente indiscutibili” le scelte che è costretto a compiere, anche gli scienziati dovrebbero essere più cauti quando elargiscono opinioni e proposte sul merito delle scelte che sarebbe preferibile adottare, senza distinguere tra ciò che è certo, cioè in sostanza i dati, e ciò che, in assenza della possibilità di verifica e controprova, è un’opinione, autorevole finché si vuole, ma sempre un’opinione.

 

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