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Editoriali

Davvero l’Italia vuole il vaccino di Putin?

Sputnik V è un'arma politica del Cremlino, ma da noi la questione dovrebbe restare in ambito scientifico

Redazione

L’ambasciatore italiano a Mosca dice che "potremo scegliere il vaccino russo".  Siamo il primo paese europeo a dire una cosa del genere, su un farmaco che è stato approvato senza aver concluso la sperimentazione scientifica

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L’Italia è diventato probabilmente il primo paese dell’Unione europea a non escludere l’acquisto del vaccino russo. La notizia arriva in occasione del Forum eurasiatico di Verona, appuntamento sui rapporti economici e geopolitici in cui si incontrano i vertici delle istituzioni italiane e russe. Intervistato dall’emittente russa Ren Tv, l’ambasciatore italiano a Mosca Pasquale Terracciano ha dichiarato che l’Italia potrebbe essere tra i paesi che richiederanno al Cremlino il vaccino russo anti Covid: “Noi in Italia siamo molto grati alla Russia per l’aiuto all’inizio della pandemia – ha detto Terracciano – e siamo aperti a qualsiasi sviluppo. Ora un vaccino italiano viene creato insieme a Oxford e AstraZeneca. Ma, alla fine, questo è un mercato comune. E noi potremo scegliere anche il vaccino russo”, dice l’ambasciatore italiano ai giornalisti russi. L’affermazione è sorprendente e significativa per diversi ordini di motivi. Ce n’è sicuramente uno politico.

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L’Italia è diventato probabilmente il primo paese dell’Unione europea a non escludere l’acquisto del vaccino russo. La notizia arriva in occasione del Forum eurasiatico di Verona, appuntamento sui rapporti economici e geopolitici in cui si incontrano i vertici delle istituzioni italiane e russe. Intervistato dall’emittente russa Ren Tv, l’ambasciatore italiano a Mosca Pasquale Terracciano ha dichiarato che l’Italia potrebbe essere tra i paesi che richiederanno al Cremlino il vaccino russo anti Covid: “Noi in Italia siamo molto grati alla Russia per l’aiuto all’inizio della pandemia – ha detto Terracciano – e siamo aperti a qualsiasi sviluppo. Ora un vaccino italiano viene creato insieme a Oxford e AstraZeneca. Ma, alla fine, questo è un mercato comune. E noi potremo scegliere anche il vaccino russo”, dice l’ambasciatore italiano ai giornalisti russi. L’affermazione è sorprendente e significativa per diversi ordini di motivi. Ce n’è sicuramente uno politico.

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L’Italia, come detto, sarebbe il primo paese europeo ad aprire alla possibilità di acquistare il vaccino russo proprio mentre l’Unione europea, in maniera compatta, ha approvato nuove e ulteriori sanzioni alla Russia per l’avvelenamento di Alexei Navalny. Ma, davanti alla pandemia Covid, si dirà che giustamente la salute viene prima. E per l’appunto l’altro problema è proprio di ordine scientifico e sanitario: la Russia ha già approvato due vaccini, Sputnik V ed EpiVacCorona, nonostante nessuno dei due abbia ancora concluso la sperimentazione scientifica e superato i test di fase 3 (che servono a determinare l’efficacia e la sicurezza di un farmaco su larga scala). Non si comprende quindi, su quali basi, l’ambasciatore italiano in Russia si sia spinto a fare affermazioni del genere rispetto a un farmaco che al momento non rispetta gli standard scientifici e di trasparenza europei e occidentali. Né se parli  per conto della Farnesina o del ministero della Salute. E’ evidente che per Putin lo Sputnik V sia un’arma politica, ma almeno nelle democrazie la discussione sul vaccino dovrebbe restare nell’ambito scientifico.

 

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Riceviamo dalla Farnesina e pubblichiamo:

Gentile Direttore,

in riferimento all’editoriale dal titolo “Davvero l’Italia vuole il vaccino di Putin?” pubblicato il 24 ottobre sulla Sua testata, è importante precisare che le parole dell’Ambasciatore Terracciano all’emittente russa Ren Tv non sono state correttamente riportate, forse a causa di un problema di traduzione. L’Ambasciatore ha infatti sottolineato come l’Italia stia innanzitutto sviluppando un proprio vaccino tramite Irbm, in collaborazione con l’Università di Oxford e l’azienda AstraZeneca. Egli ha inoltre puntualizzato che, qualora i vaccini russi ottenessero le certificazioni necessarie alla distribuzione da parte delle competenti Autorità sanitarie internazionali, essi potranno essere valutati, al pari di altri, ai fini dell’ingresso sul mercato italiano, che si conferma un mercato aperto alla libera concorrenza, nel pieno rispetto della normativa UE.  In nessun modo l’Ambasciatore suggeriva – né avrebbe potuto farlo – che il nostro Paese intenda acquistare dosi di un qualsiasi vaccino prima della doverosa conclusione del più accurato percorso sperimentale e delle necessarie validazioni internazionali.

 

Cordiali saluti,
Tiziana D’Angelo
Servizio per la Stampa e la Comunicazione Istituzionale
Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale

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