Quando è iniziata veramente la pandemia? Parla il prof. Zehender

Enrico Cicchetti

Una nuova ricerca di Harvard retrodata l'inizio dei contagi tra la fine dell'estate e l'inizio dell'autunno 2019. Già quattro mesi fa uno studio italiano era arrivato a conclusioni simili

Parafrasando Johnny Stecchino: il problema di Wuhan è il traffico. Che cosa c'entrano le automobili con la megalopoli cinese epicentro della pandemia? Utilizzando tecniche simili a quelle impiegate dalle agenzie di intelligence, un team di ricerca della Harvard Medical School ha registrato un aumento nel traffico automobilistico nei principali ospedali della città tra la fine dell'estate e l'inizio dell'autunno scorso. L'ipotesi suggerita dallo studio, ancora in fase di revisione, è che il Sars-Cov-2 possa avere iniziato a diffondersi molto prima del 31 dicembre, il giorno in cui i funzionari cinesi notificarono formalmente all'Oms la presenza di un nuovo patogeno. I ricercatori americani hanno analizzato centinaia di immagini di satelliti commerciali e hanno osservato che sicuramente “qualcosa stava succedendo già in ottobre”, come ha detto ad Abc John Brownstein, responsabile dell'innovazione presso il Boston Children's Hospital e direttore del Computational Epidemiology Lab, che ha guidato la ricerca. Brownstein afferma che nello stesso periodo si sono registrate anche query elevate sui motori di ricerca cinesi per “sintomi che in seguito sarebbero stati determinati come strettamente associati al nuovo coronavirus”.

    

La logica del progetto di Harvard è semplice: le malattie respiratorie portano a comportamenti molto specifici nelle comunità in cui si stanno diffondendo. Quindi, le immagini che mostrano questi modelli di comportamento potrebbero aiutare a spiegare cosa stava succedendo e quando. Ad esempio, il 10 ottobre 2018 c'erano 171 auto nel parcheggio dell'ospedale Tianyou di Wuhan, uno dei più grandi della città. Un anno dopo, i satelliti hanno registrato 285 automobili, un aumento del 67 per cento. Altri ospedali hanno mostrato un aumento del 90 per cento rispetto all'anno prima. Per assicurarsi che non stessero giungendo a conclusioni errate, i ricercatori dicono di aver preso in considerazione tutto ciò che potrebbe spiegare gli aumenti nel traffico, dalle grandi riunioni pubbliche alla possibilità di nuove costruzioni negli ospedali. Quanto alle ricerche sul web, l’utilizzo delle parole “diarrea” e “tosse” è aumentato notevolmente circa 3 settimane prima del picco nei casi confermati di Covid-19 alla fine del 2019.

    

  

Di ottobre come data iniziale parlava, già quattro mesi fa, anche Gianguglielmo Zehender, il professore della Statale di Milano che a febbraio scorso – insieme ad Alessia Lai, Massimo Galli e alla loro equipe – ha pubblicato un'indagine che ricostruisce i primi mesi di vita dell'epidemia. La ricerca epidemiologica molecolare è stata condotta all’Ospedale Sacco, e colloca l’origine dei contagi tra la seconda metà di ottobre e la prima metà di novembre 2019. “Parlare, come fanno da Harvard, di fine estate 2019 mi sembra esagerato”, dice Zehender al Foglio. “Certo, i nostri erano dati precoci, su poche sequenze genomiche, ma sono stati poi confermati dagli studi realizzati in seguito, con una mole di informazioni molto superiore: il periodo non cambia, si tratta di fine ottobre, inizio novembre. Per quanto riguarda lo studio di Harvard, ricordiamo che non esiste solo il Covid-19. Ci sono tante malattie che hanno un andamento epidemico – come una diversa sindrome influenzale, per esempio – e che potrebbero avere fatto aumentare il traffico ospedaliero. Ormai pare chiaro che quando si iniziano a registrare i primi casi negli ospedali, significa che la malattia sta già circolando da circa un mese. L'abbiamo visto anche qui in Italia, con l'arrivo del virus da retrodatare a fine gennaio, inizio febbraio”.

 

“In ogni caso – aggiunge Zehender – queste ricerche dimostrano che il virus fa danni molto rapidamente e quando ti accorgi dei primi casi è già tardi. Per questo credo sia indispensabile tenere le antenne dritte a livello locale, per cogliere i primi segnali di un'eventuale ritorno. Se aspettiamo che questo allarme arrivi dagli ospedali non facciamo in tempo a contenere l'epidemia. Occorre fare tamponi a più persone possibile e sviluppare un approccio di medicina territoriale sul modello dei medici sentinella per l'influenza. Esiste già questa rete di medici e pediatri, che rappresenta uno strumento essenziale per descrivere l'andamento dell'influenza in Italia e per fornire informazioni che consentano di valutare l'incidenza futura della malattia. Basterebbe ampliarla per coinvolgere anche l'osservazione dei sintomi da nuovo coronavirus”.

 

Lo studio di Harvard, in ogni caso, è stato presentato alla rivista Nature Digital Medicine ed è ancora in fase di revisione tra pari. Per il momento è pubblicato solo su Dash, il server di prestampa di Harvard per i documenti medici. Gli stessi ricercatori riconoscono comunque che le prove sono circostanziali, ma sostengono che l'indagine costituisca un nuovo dato importante per cercare di fare luce sul mistero che avvolge le origini della pandemia. Secondo Paul Digard, virologo dell’università di Edimburgo intervistato dal Guardian, sarebbe stato più persuasivo se l’aumento dell’attività negli ospedali di Wuhan fosse stata comparata con quella di altri ospedali nello stesso periodo. “Penso che alcuni dei metodi siano discutibili”, ha detto ad Abc David Perlin, direttore scientifico del Center for Discovery and Innovation nel New Jersey. “Il problema è che qui abbiamo solo un sottoinsieme di dati. Mi preoccupo sempre quando le persone iniziano a trarne inferenze”.

 

   


E per quanto riguarda la trasmissibilità del virus da persone asintomatiche? Ieri l'Oms ha detto che infettarsi dagli asintomatici è un'eventualità “rara o molto rara” e non è fra le principali vie di contagio. “Ciò che sappiamo”, risponde Zehender, “è ciò che ci rivelano i casi che possiamo studiare. È in via di pubblicazione un nostro studio che mostra come al 24 febbraio, nell'area metropolitana di Milano, circa il 4 per cento della popolazione avesse già gli anticorpi per il nuovo coronavirus. Sembra quindi evidente che l'infezione Sars-CoV-2 era già circolante a Milano all'inizio dell'epidemia. E possiamo immaginare che si sia trattato di una circolazione del patogeno sottotraccia, che può avvenire solo tramite persone paucisintomatiche e asintomatiche”.