Cattivi scienziati

Ecco sosa sappiamo circa una quarta dose di vaccino contro SARS-CoV-2

Enrico Bucci

I dati sono pochi, e non provengono certo da studi randomizzati, ma da osservazione del mondo reale. Questo aumenta il rischio di errore nel tirare conclusioni

Cosa sappiamo circa una quarta dose di vaccino contro SARS-CoV-2? Innanzitutto, è bene precisare da subito un punto: i dati sono pochi, e non provengono certo da studi randomizzati, ma da osservazione del mondo reale. Questo aumenta il rischio di errore nel tirare conclusioni, un problema che può essere alleviato se la popolazione studiata è molto, molto ampia.

 

Fin qui, i 3-4 studi variamente pubblicati hanno evidenziato una sostanziale mancanza di beneficio o un ridotto beneficio di una quarta dose, rispetto all’effetto notevole che ha l’aggiunta di una terza dose alla seconda. Al di sotto dei 60 anni, in particolare, non sono stati riportati benefici significativi, ed in studi di coorti di operatori sanitari in Israele – costituite in massima parte da individui al di sotto dei 65 anni – non si è osservato un risultato che spinga alla vaccinazione con quarta dose. È adesso stato pubblicato un preprint,  sempre in Israele, che studia la vaccinazione con quarta dose in soggetti di oltre 60 anni di età.

 

Si tratta di uno studio retrospettivo, in cui si tiene anche conto dell’arrivo della variante Omicron, che ha incluso oltre 97000 individui di 60 anni e più, i quali sono tutti stati testati mediante PCR successivamente alla vaccinazione; fra i soggetti arruolati nello studio, quasi 28000 hanno ricevuto una quarta dose di vaccino a RNA (Pfizer). L’analisi successiva è stata incentrata sul valutare il tasso di infezione e di malattia severa o morte, durante l’ondata di Omicron in Israele (tra il 10 gennaio e il 13 marzo).

 

Contrariamente a quanto osservato nella popolazione complessiva e ancor più in segmenti più giovani di popolazione, una quarta dose di vaccino mostra a dire degli Israeliani una sostanziale efficacia contro la malattia severa e la morte indotte dal virus, con un tasso di diminuzione degli effetti gravi in chi aveva ricevuto la quarta dose rispetto a chi aveva avuto solo 3 dosi che si è mantenuto al di sopra del 73% durante le nove settimane di osservazione dello studio; al contrario, l’efficacia contro l’infezione, pur alta immediatamente dopo la quarta dose, è rapidamente decaduta a livelli molto bassi, più rapidamente ancora di quanto non sia decaduta facendo la terza dose dopo la seconda.

 

Vi è poi un ulteriore elemento importante da considerare: i tassi di malattia severa o morte durante il periodo considerato, includendo sia i vaccinati con tre dosi che quelli con quattro, è stato comunque molto basso, ed inferiore all’1%; questo rende le stime di vantaggio di quattro dosi rispetto a tre relativamente instabili, perché ottenute a partire da differenze assolute piccole su gruppi piccoli. Bastano numeri come questi ad autorizzare la vaccinazione con quarta dose, almeno nella fascia più anziana della popolazione?

 

La risposta non spetta certo a me o ai ricercatori, ma alle agenzie regolatorie. Io mi limito ad osservare che il beneficio, dimostrato in un preprint e nel modo che abbiamo dimostrato, è ancora abba stanza aleatorio, per le ragioni legate alla statistica dei piccoli numeri che abbiamo visto. Inoltre, e questo credo sia un punto rilevante, il periodo di osservazione dello studio israeliano è di poco più di un paio di mesi; non è possibile sapere se questo autunno, quando certamente ci possiamo attendere una ripresa di circolazione magari con nuove varianti, non sarà richiesta un ulteriore dose di vaccino. Ora, richiedere una vaccinazione continua ad intervalli di tempi così stretti dovrebbe essere un’opzione solo in caso di beneficio molto ampio e molto robusto da un punto di vista statistico, come nel caso degli immunodepressi, che mantengono una risposta immune ai vaccini per poco tempo – quando va bene – e che comunque rispondono meno rispetto al resto della popolazione a ciascuna singola dose. In queste condizioni, sono vitali i dati che Pfizer e Moderna hanno presentato alle agenzie regolatorie; è però indicativo che i CEO delle due aziende siano in parziale disaccordo sulla appropriatezza della somministrazione di una quarta dose all’intera popolazione, perché mentre Bourla della Pfizer ha dichiarato che è giunto il momento ed è urgente somministrare a tutti una quarta dose, Hoge di Moderna ha argomentato che la cosa è probabilmente necessaria solo per i soggetti immunocompromessi, mentre tutti gli altri possono attendere, riferendosi forsead un vaccino di nuova concezione.

 

A proposito dei nuovi vaccini: entrambe le aziende avevano annunciato il rilascio a Marzo dei dati clinici sui loro nuovi preparati, disegnati specificamente per contrastare Omicron e possibilmente con uno spettro di azione più ampio dei precedenti (grazie ad esempio a mix di antigeni da diversi ceppi virali). Questi dati mancano ancora, mentre si sono presentati alle agenzie regolatorie i dati su una quarta dose di vaccini standard: perché? In ogni caso, sia i dati sulla quarta dose, sia quelli sui nuovi vaccini sono vitali ai fini di prendere decisioni di sanità pubblica che hanno impatto su larga scala: i numeri, alla fine, sono sempre quelli che vorremmo vedere, invece delle diverse dichiarazioni stampa.

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