In Italia Arriva Paxlovid, il farmaco anti Covid, e può essere una svolta

Giovanni Rodriquez

Anche se ci sono delle incognite, la pillola anti virale prodotta da Pfizer è una soluzione che potrebbe risultare ottimale contro la variante Omicron. Secondo l'Ema dovrebbe arrivare già a gennaio

Sul fronte del contrasto al Covid non arrivano solo brutte notizie, come la diffusione della variante Omicron. Dall’Ema lo scorso 16 dicembre sono arrivate nuove indicazioni sull’utilizzo di Paxlovid, la pillola anti virale contro il Covid prodotta da Pfizer. Sebbene non sia infatti ancora arrivata l’autorizzazione dell’ente regolatorio europeo per questo farmaco, la stessa agenzia per i medicinali ha fornito alcune indicazioni d’uso agli stati che hanno già deciso di utilizzarlo, come l’Italia. Paxlovid deve essere somministrato il prima possibile dopo la diagnosi ed entro cinque giorni dall’inizio dei sintomi. I due principi attivi, disponibili in compresse separate, devono essere assunti  due volte al giorno per cinque giorni. L’antivirale, che secondo i dati dei trial riduce dell’89 per cento il rischio di ospedalizzazione e decesso, può essere una svolta.

Primo elemento a favore del farmaco Pfizer è la facilità di somministrazione. Si tratta di pillole che possono comodamente essere assunte dal paziente al proprio domicilio. Una situazione quindi ben differente rispetto alla realtà rappresentata dagli anticorpi monoclonali, anch’essi da somministrare nelle primissime fasi della malattia, che a oggi sono stati utilizzati quasi esclusivamente in ambito ospedaliero. Con difficoltà quindi non solo per lo spostamento di pazienti spesso allettati, ma anche di organizzazione della sanità territoriale. Il successo delle terapie con i monoclonali è infatti legato anche in questo caso alla tempestività del loro utilizzo. Tempestività che richiede un ottimo collegamento tra medicina territoriale e ospedali nel prendersi carico in tempi brevissimi del paziente a rischio, positivo al Covid e con presenza di sintomi. Ed è evidente che non tutte le regioni italiane possono contare su un’efficiente simbiosi tra ospedale e territorio. Altro elemento da considerare è l’alto costo delle terapie monoclonali, nell’ordine di migliaia di euro. Per questi motivi al 9 di dicembre le prescrizioni di monoclonali sull’intero territorio nazionale superavano di poco le 21 mila unità. Si tratta, quindi, di una soluzione senza dubbio efficace per alcune tipologie di pazienti ma priva di un forte impatto sull’epidemia a livello di sanità pubblica.

Altro elemento che gioca a favore del nuovo farmaco di Pfizer sembra essere la sua efficacia. Le indicazioni dell’Ema si basano infatti sui risultati intermedi dello studio principale su pazienti non ospedalizzati e non vaccinati che presentavano una malattia sintomatica e almeno una condizione sottostante che li esponeva al rischio di un grave Covid. Questi dati hanno mostrato che Paxlovid ha ridotto il rischio di ospedalizzazione e morte quando il trattamento è iniziato entro cinque giorni dall'inizio dei sintomi. Circa l’1 per cento dei pazienti (6 su 607) che hanno assunto Paxlovid entro cinque giorni dall’inizio dei sintomi è stato ricoverato in ospedale entro 28 giorni dall’inizio del trattamento rispetto al 6,7 per cento dei pazienti (41 su 612) a cui è stato somministrato placebo (trattamento fittizio); nessuno dei pazienti del gruppo Paxlovid è morto rispetto ai dieci pazienti del gruppo placebo. 

Sulla carta, prima cioè di vedere i risultati sul campo, si tratta quindi di una soluzione che potrebbe risultare ottimale alla luce della nuova ondata trainata dalla variante Omicron che, come sappiamo, non solo è caratterizzata da una più alta trasmissibilità, ma anche da una capacità di reinfettare pazienti già colpiti da Covid stimata in 5,4 volte maggiore rispetto alla variante Delta dall’Imperial College. A questo va poi aggiunta la maggiora capacità di infettare anche chi si è sottoposto a due dosi di vaccino. Solo in Italia parliamo quindi di milioni di persone esposte a una potenziale infezione che potrebbero trovare in questo farmaco un possibile rimedio contro il rischio di ospedalizzazione. Il vaccino abbatte i rischi a monte del contagio, la pillola a valle.

Non mancano però le incognite. Dovremo vedere se l’efficacia di Paxlovid si confermerà anche nel “real world” su pazienti magari contagiati dalla nuova variante che, secondo le stime Ecdc, dovrebbe diventare dominante già entro la metà di gennaio 2022. Altro dato da sarà la disponibilità del farmaco. In Italia, secondo quanto anticipato  da Guido Rasi, ex presidente dell’Ema e consulente del commissario Figliuolo, il Paxlovid dovrebbe arrivare già a gennaio, ma non sappiamo ancora su quali quantitativi si potrà contare. E questo sarà un dato cruciale che ci permetterà di capire se e quanto il farmaco potrà incidere realmente sui grandi numeri della pandemia, in aggiunta  ai vaccini, al fine di salvaguardare la capacità di presa in carico del Servizio sanitario nazionale abbattendo i dati sulle ospedalizzazioni. Le premesse positive ci sono, non resta che sperare che non vengano disattese dalla prova con la realtà.

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