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Prima i fragili e gli anziani. La regola più semplice per i vaccini

Ernesto Stajano e Luca Pani

Molti dei più scandalosi esempi di scavalcamento della fila sono stati giustificati dalla necessità di non perdere dosi di vaccino che, nel generale disordine, non potevano essere assegnate agli aventi diritto

La confusa assegnazione prioritaria delle scarse e diversamente efficaci dosi dei vaccini contro il Covid testimonia il consueto caos delle regole. Lo stato, le regioni, le Agenzie del farmaco europee e italiane, il Commissariato all’emergenza e le Asl hanno dato vita ad una produzione di regole diverse e contraddittorie. Un’adeguata valutazione del rischio di morte – evidentemente quello più grave in assoluto – avrebbe dovuto condurre ad assegnare le scarse dosi dei vaccini ai soggetti più anziani, ai fragili, e al personale sanitario effettivamente impegnato nella cura dei malati di Covid. In altre parole, una saggia razionalità avrebbe consentito di definire un semplice criterio generale. 

 

Lo Stato, ai sensi dell’art. 117 Cost., avrebbe potuto imporlo con efficacia imperativa, senza troppo curarsi di eventuali e comunque inefficaci ricorsi. Fino a oggi, tale intervento è mancato, anche se negli ultimi giorni il governo sembra aver maturato la decisione di finalmente mettere in riga le regioni. Ci auguriamo che i provvedimenti conseguenti siano efficaci e che, soprattutto, non siano tardivi. Nel frattempo, nulla ci è stato risparmiato.

Scorrendo le cronache, non abbiamo purtroppo visto soltanto i soliti episodi di malcostume collegati all’abusivo esercizio del potere. Grazie ad assurde regole, intere categorie di soggetti poco o per nulla esposti al rischio si sono visti riconoscere la priorità vaccinale: hanno ottenuto la vaccinazione impiegati amministrativi delle strutture sanitarie che non hanno mai incontrato e mai incontreranno un paziente Covid, medici in pensione e addetti a servizi solo remotamente riferibili all’attività sanitaria. A seguire, senza distinzioni d’età, professori, appartenenti alle forze dell’ordine, militari, e altre variabili categorie di soggetti giovani; tutti esposti a rischi irrilevanti in caso di contagio. Nella corsa alla vaccinazione precoce, si sono distinti anche altri, compresi quelli che dovrebbero meglio rappresentare i principi di legalità, come ad esempio gli avvocati, che hanno ottenuto in Toscana il privilegio vaccinale, e taluni magistrati.

 

Molti dei più scandalosi esempi di scavalcamento della fila sono stati giustificati dalla necessità di non perdere dosi di vaccino che, nel generale disordine, non potevano essere assegnate agli aventi diritto. Una situazione che ha indotto persino il Commissario all’emergenza ad affermare che, in condizioni estreme, si può vaccinare anche chiunque si trovi a passare. Abbiamo avuto personalmente modo di verificare che, grazie a tale suggerimento, molti confidano nella possibilità che tale eventualità si verifichi stazionando penosamente presso i luoghi dove avvengono le vaccinazioni, onde ottenere una dose relitta. Il suggerimento del Commissario – ma vogliamo sperare che le sue parole siano state male interpretate – testimonia come, talvolta, gli ordini non creino ordine ma purtroppo, per una perversa eterogenesi dei fini, confusione e disordine. Non avere una lista di soggetti di riserva, ed essere pertanto costretti a vaccinare il primo che capita, non è accettabile. Non lo è soprattutto dopo un anno e due mesi dall’insorgenza della pandemia. 

Occorre che lo stato affermi la sua autorità e ponga una regola precisa. Si vaccina prima chi rischia di più: prima gli anziani e i fragili e chi davvero li assiste, poi gli altri secondo una regola di anzianità che non è solo la più razionale, ma anche la più facile da applicare.

 

Ernesto Stajano, giurista
Luca Pani, direttore generale Aifa (2011-2016)

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