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editoriali

La retorica sui vaccini sta a zero

Redazione

Ci siamo illusi tutti troppo, ma serve trasparenza e non la lingua opaca di Arcuri

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Sul vaccino miracoloso ci siamo illusi troppo, così ora siamo tutti di umore cupo e rivendicativo perché la siringa magica non c’è? In parte sì. Ma una parte della colpa va data ai politici, ai governi, persino alle mitiche case farmaceutiche, che per motivi differenti hanno contribuito a creare questa attesa miracolista. In una situazione così complicata servirebbero invece parole chiare e oneste. Siamo solo noi italiani, nazione pigramente (e prevedibilmente) non in cima alla classifica, a lamentarci? No. Persino nell’efficientissima Germania il governo ha subito critiche, l’Accademia  della Leopoldina ha addirittura parlato di “grave fallimento” per le modalità e la tempistica nell’acquisizione dei vaccini. In Francia le polemiche sono equamente ripartite tra la lentezza della campagna e i dubbi di una componente no vax molto aggressiva. Il generale scorno è che la siringa magica non c’è, dunque non andava promessa. Invece la fatica della scienza, e della stessa politica, è stata complicata da scelte di comunicazione forzate. E in Italia, per tornare a noi, anche peggio che altrove. Nel paese delle bandiere ai balconi e delle conferenze stampa mielose e reticenti  abbiamo optato per un approccio primaverile e favolistico. I centri vaccinali con la primula li abbiamo apprezzati anche qui, ma dopo l’immagine servirebbe la capacità di dire le cose con trasparenza e sobrietà. Lunedì sul Corriere Antonio Scurati ha incalzato il commissario Domenico Arcuri – stile tranchant e piuttosto goffo – tuonando: “Io pretendo delle risposte”. Ieri Arcuri ha risposto, evidenziando i due soliti difetti che fanno parte della sua comunicazione. Da una parte, non ha risposto: nel senso che ha messo in fila dati, date e numeri che sono già a conoscenza di tutti, minimizzando, come fossero cose normali, le manchevolezze e ritardi: “Poi serviranno i rinforzi, abbiamo avviato una ‘call’ pubblica”. Serviranno? Avviato? L’ammissione di un ritardo spacciata per un lavoro in corso. Dall’altra parte, ha indugiato sulla consueta retorica che condivide coi politici, “non servono astrazioni e pregiudizi”, “dobbiamo contribuire tutti”. Ma il commissario non è “tutti”, è lui. Sarebbe meglio stare ai fatti, e saremmo tutti meno cupi. Almeno.

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Sul vaccino miracoloso ci siamo illusi troppo, così ora siamo tutti di umore cupo e rivendicativo perché la siringa magica non c’è? In parte sì. Ma una parte della colpa va data ai politici, ai governi, persino alle mitiche case farmaceutiche, che per motivi differenti hanno contribuito a creare questa attesa miracolista. In una situazione così complicata servirebbero invece parole chiare e oneste. Siamo solo noi italiani, nazione pigramente (e prevedibilmente) non in cima alla classifica, a lamentarci? No. Persino nell’efficientissima Germania il governo ha subito critiche, l’Accademia  della Leopoldina ha addirittura parlato di “grave fallimento” per le modalità e la tempistica nell’acquisizione dei vaccini. In Francia le polemiche sono equamente ripartite tra la lentezza della campagna e i dubbi di una componente no vax molto aggressiva. Il generale scorno è che la siringa magica non c’è, dunque non andava promessa. Invece la fatica della scienza, e della stessa politica, è stata complicata da scelte di comunicazione forzate. E in Italia, per tornare a noi, anche peggio che altrove. Nel paese delle bandiere ai balconi e delle conferenze stampa mielose e reticenti  abbiamo optato per un approccio primaverile e favolistico. I centri vaccinali con la primula li abbiamo apprezzati anche qui, ma dopo l’immagine servirebbe la capacità di dire le cose con trasparenza e sobrietà. Lunedì sul Corriere Antonio Scurati ha incalzato il commissario Domenico Arcuri – stile tranchant e piuttosto goffo – tuonando: “Io pretendo delle risposte”. Ieri Arcuri ha risposto, evidenziando i due soliti difetti che fanno parte della sua comunicazione. Da una parte, non ha risposto: nel senso che ha messo in fila dati, date e numeri che sono già a conoscenza di tutti, minimizzando, come fossero cose normali, le manchevolezze e ritardi: “Poi serviranno i rinforzi, abbiamo avviato una ‘call’ pubblica”. Serviranno? Avviato? L’ammissione di un ritardo spacciata per un lavoro in corso. Dall’altra parte, ha indugiato sulla consueta retorica che condivide coi politici, “non servono astrazioni e pregiudizi”, “dobbiamo contribuire tutti”. Ma il commissario non è “tutti”, è lui. Sarebbe meglio stare ai fatti, e saremmo tutti meno cupi. Almeno.

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