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UN SOSTEGNO MORALE OLTRE CHE MEDICO

Se qualcuno mai ci salverà dalla confusione generale saranno i farmacisti

Simonetta Sciandivasci

Le farmacie potrebbero svolgere un ruolo importante nella prossima campagna vaccinale, intanto da New York al paesino restano il primo presidio per tanti cittadini  

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La settimana scorsa, il presidente di Federfarma Roma, Andrea Cicconetti, ha detto all’Huffington Post: “Noi ci siamo e ci siamo sempre stati”. Accipicchia se è vero. Una, almeno una farmacia in cui poter andare a chiedere aiuto, orientamento, conforto la si trova sempre aperta, anche di notte, ovunque, anche a Craco Peschiera o a Vazzano. Anche in pandemia. Il numero di telefono del farmacista, i suoi orari, i suoi obblighi sono affissi per strada, riportati su internet, rintracciabili in modo chiaro e preciso. Lo abbiamo sperimentato tutti, in questi mesi: andiamo dal farmacista o lo chiamiamo, quando il dottore non risponde (spesso). Cicconetti ha voluto anche sottolineare che le farmacie potrebbero svolgere un ruolo importante nella prossima campagna vaccinale: sono già strutturate per la somministrazione del vaccino quelle dove vengono effettuati i tamponi rapidi antigenici (nel Lazio succede da metà novembre, in Emilia-Romagna dal 21 dicembre, in Puglia boh – “L’intesa tra Federfarma e l’assessore Lopalco è rimasta sulla carta”, ha scritto Repubblica). Oltre ad accelerare i tempi della campagna e a risparmiare su nuove strutture (le farmacie si sono dotate di gazebo esterni dove gli infermieri fanno i tamponi), si consentirebbe così di evitare ulteriori pressioni sul sistema ospedaliero. “Non ho ragione di credere che chi non è stato in grado di organizzare un approvvigionamento adeguato del vaccino antinfluenzale possa fare diversamente con quello anti Covid.

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La settimana scorsa, il presidente di Federfarma Roma, Andrea Cicconetti, ha detto all’Huffington Post: “Noi ci siamo e ci siamo sempre stati”. Accipicchia se è vero. Una, almeno una farmacia in cui poter andare a chiedere aiuto, orientamento, conforto la si trova sempre aperta, anche di notte, ovunque, anche a Craco Peschiera o a Vazzano. Anche in pandemia. Il numero di telefono del farmacista, i suoi orari, i suoi obblighi sono affissi per strada, riportati su internet, rintracciabili in modo chiaro e preciso. Lo abbiamo sperimentato tutti, in questi mesi: andiamo dal farmacista o lo chiamiamo, quando il dottore non risponde (spesso). Cicconetti ha voluto anche sottolineare che le farmacie potrebbero svolgere un ruolo importante nella prossima campagna vaccinale: sono già strutturate per la somministrazione del vaccino quelle dove vengono effettuati i tamponi rapidi antigenici (nel Lazio succede da metà novembre, in Emilia-Romagna dal 21 dicembre, in Puglia boh – “L’intesa tra Federfarma e l’assessore Lopalco è rimasta sulla carta”, ha scritto Repubblica). Oltre ad accelerare i tempi della campagna e a risparmiare su nuove strutture (le farmacie si sono dotate di gazebo esterni dove gli infermieri fanno i tamponi), si consentirebbe così di evitare ulteriori pressioni sul sistema ospedaliero. “Non ho ragione di credere che chi non è stato in grado di organizzare un approvvigionamento adeguato del vaccino antinfluenzale possa fare diversamente con quello anti Covid.

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E non immagina quanto sia stata dura far capire a tanti anziani e genitori spaventati che quest’anno, proprio quest’anno, dovranno rinunciare a proteggersi dall’influenza”, dice al Foglio la dottoressa Silvia Motta della Farmacia Motta (in Basilicata, di tamponi in farmacia, non se ne parla). Il pastrocchio del governo sull’antinfluenzale dimostra i deficit dell’organizzazione della sanità, e a gestirne il panico e la confusione sono stati proprio i farmacisti. “Qualcuno ancora chiama per sapere se a gennaio arriveranno le dosi contro l’influenza stagionale, ma ormai la pressione, almeno su quel punto, è calata: ci siamo rassegnati più o meno tutti al fatto che non avremo un bel niente”, dice ancora la dottoressa Motta, che è parecchio arrabbiata – “Lo scriva che sono arrabbiata!” – con il ministro Speranza e con il governo per l’informazione sciatta, i messaggi contraddittori dati al paese, l’inazione nei mesi estivi. “Basterebbe dire poche cose e ripeterle. Ci capita ancora di dover guidare le persone in tutto, gli anziani vengono a domandarci anche come pagare la spesa: come si può pretendere che gli italiani rispettino regole incomprensibili? Più in generale, la consapevolezza dei nostri clienti non mi sembra molto cresciuta, e sono passati nove mesi dall’inizio della pandemia”.

  

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Le chiamate più frequenti, in questi giorni, non riguardano ancora il vaccino Pfizer in arrivo, ma la rilevazione di sintomi e, soprattutto, qualsiasi cosa – piccolo campionario esemplificativo: posso dormire con mio marito? Questo dolore ai denti è coronavirus secondo lei? Può venire a visitarmi? A Natale posso andare da mia sorella? Se mi viene un infarto, mi vengono a prendere? Ho la tosse, sto andando al pronto soccorso! Può darmi l’antibiotico senza ricetta? “Ci sono persone che hanno contratto il virus per la seconda volta e ci chiamano in preda al panico”, racconta la dottoressa Coniglio, anche lei subissata di mail, messaggi, telefonate. Anche lei supplente dei medici di famiglia. Per la dottoressa Motta, “dovremmo riorganizzare la Medicina sul territorio, c’è un bisogno urgente di istituire presìdi con medici di base che siano disponibili 24 ore su 24. Non si tratta di alleggerire il lavoro di nessuno: si tratta di offrire una risposta più efficace e veloce agli italiani”. “A volte vengono da noi prima di andare dal medico, o per non andarci affatto”, dice la dottoressa Bilotta, che lavora in una parafarmacia, dove mai come quest’anno ha venduto tante pasticche di valeriana per bambini. “Ho l’impressione che i disturbi dell’umore e del sonno tra i più piccoli si siano diffusi in modo preoccupante. Gli anziani, invece, mi sembrano psicologicamente più saldi”. Anche per loro, i farmacisti sono factotum. “In questo momento, siamo più accessibili dei medici: per me è straordinario vedere quanto i pazienti si fidino di me”, diceva al New York Times, alcuni mesi fa, una farmacista del Queens. Anche in questo, il coronavirus ha fatto del mondo un paese, un piccolo paesino italiano degli anni Cinquanta, di quelli dove tutto dipendeva da sindaco, parroco e farmacista. Nel 2021 teniamoci caro il farmacista.

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