PUBBLICITÁ

Covid, l’Italia non sa ancora chi sarà il suo vaccinato numero 1

Il piano logistico è pronto. Le Regioni al lavoro sulla "fase uno"

Marianna Rizzini

Le prime categorie: operatori sanitari e pazienti e operatori delle Rsa. Poi la popolazione verrà divisa in "slot" per età e rischio salute. Il Lazio parte dai grandi ospedali, l'Emilia predispone la road map, la Toscana promette 120 mila vaccinati a gennaio. Il vaccino Pfizer e gli altri vaccini

PUBBLICITÁ

I camion che escono dagli stabilimenti della Pfizer tra gli applausi, la primula della rinascita di Stefano Boeri che campeggia sulle prime pagine, il commissario all’emergenza Domenico Arcuri che annuncia padiglioni per la vaccinazione di massa anti Covid nelle piazze italiane: la campagna anti vaccinale c’è, i nomi italiani dei primi vaccinati non ancora, anche se sui tavoli delle varie regioni stanno arrivando le liste di operatori sanitari e di ospiti e operatori delle Rsa: i destinatari, come da indicazione del ministero della Salute, del primo slot di dosi (3,4 milioni su un totale di 202 milioni, a partire da metà gennaio). Gli aspetti logistici sono stati da tempo approfonditi – si sa con certezza che l’hub nazionale sarà l’aeroporto militare di Pratica di Mare, si sa che sono stati individuati in Italia altri 300 hub locali indicati dalle regioni e si sa che la consegna sarà fatta da Pfizer stessa, per preservare l’integrità di un vaccino che va conservato a meno ottanta gradi.

ABBONATI PER CONTINUARE A LEGGERE
Se hai già un abbonamento:

Altrimenti


I camion che escono dagli stabilimenti della Pfizer tra gli applausi, la primula della rinascita di Stefano Boeri che campeggia sulle prime pagine, il commissario all’emergenza Domenico Arcuri che annuncia padiglioni per la vaccinazione di massa anti Covid nelle piazze italiane: la campagna anti vaccinale c’è, i nomi italiani dei primi vaccinati non ancora, anche se sui tavoli delle varie regioni stanno arrivando le liste di operatori sanitari e di ospiti e operatori delle Rsa: i destinatari, come da indicazione del ministero della Salute, del primo slot di dosi (3,4 milioni su un totale di 202 milioni, a partire da metà gennaio). Gli aspetti logistici sono stati da tempo approfonditi – si sa con certezza che l’hub nazionale sarà l’aeroporto militare di Pratica di Mare, si sa che sono stati individuati in Italia altri 300 hub locali indicati dalle regioni e si sa che la consegna sarà fatta da Pfizer stessa, per preservare l’integrità di un vaccino che va conservato a meno ottanta gradi.

PUBBLICITÁ

 

Ancora in fieri è invece la parte che riguarda la somministrazione, anche in vista delle fasi successive. 

E per quanto siano ampi gli elenchi di persone da vaccinare in via prioritaria, cioè le persone a stretto contatto con i malati, e per quanto, dice l’assessore alla Salute della regione Lazio Alessio D’Amato, l’adesione preventiva sia stata “importante” (circa l’80 per cento degli operatori sanitari – visto che  la vaccinazione è su base volontaria – e cioè 152 mila operatori), per quantificare e stilare la lista definitiva dei primi vaccinandi di gennaio bisognerà aspettare la voce dell’Aifa, a fine mese. Soltanto dopo, infatti, chi è in elenco potrà fornire il vero e proprio consenso informato. Dice Enrico Di Rosa, coordinatore del collegio operatori della Società italiana di igiene e direttore del Servizio di igiene della Asl Roma 1: “La vaccinazione è un atto medico, servono comunque un’anamnesi e una registrazione informatica. Le Asl sono già attrezzate per questi compiti, logico sarebbe affidarsi a loro, ovviamente potenziandole con risorse umane e informatiche, e con una campagna di comunicazione per superare la diffidenza di una parte dei cittadini. Siamo sicuri che gli specialisti della Sanità pubblica saranno coinvolti. Abbiamo dato una grande prova di maturità per la campagna diagnostica, con i tamponi ormai fatti in quasi tutte le farmacie. In questo caso è diverso, ci sono categorie che devi vaccinare per forza in ospedale, ma allora affidiamoci agli operatori già esperti. Non dimentichiamoci per esempio il caso del Veneto, qualche anno fa, con la grande campagna di vaccinazione per la meningite. E pensiamo che la luce in fondo al tunnel ora è visibile e che il vaccino, da auspicio, in pochi mesi è diventato una cosa concreta, protagonista di una campagna mondiale mai vista”. 

PUBBLICITÁ

 

Ma che cosa succederà dopo? Vaccinare operatori sanitari e ospiti delle Rsa è infatti relativamente semplice, essendoci un luogo fisico unico dove trovarli, ma come si farà quando, per esempio, bisognerà vaccinare gli anziani sopra gli ottant’anni, convocandoli uno a uno per poi attendere l’adesione? Se, infatti, un’anagrafe vaccinale già esiste, ci si domanda quale possa essere la soluzione organizzativa più idonea: tramite il medico di medicina generale? Molto dipenderà dalla disponibilità del vaccino che arriverà dopo quello Pfizer. I vaccini a vettore virale o proteici, infatti, sono conservabili con la normale catena del freddo, quindi anche più facilmente somministrabili (anche via medico di famiglia). Ma quando si porrà il problema del “chi vaccinare successivamente” come si agirà, in concreto? Dice D’Amato: “Si stratificherà la popolazione in fasce di età di rischio”. Ogni regione ha intanto una specie di road map. In Emilia-Romagna, per esempio, dopo l’indicazione dei vari hub, si sta studiando la modalità di somministrazione; in Toscana l’assessore alla Sanità Simone Bezzini ha annunciato 120 mila vaccinati per gennaio. Nell’enclave “straniera” di San Marino, intanto, si sceglie la soluzione drastica contro i No vax: se non ti vaccini non avrai cure gratis. E se in altri paesi si sono fatti avanti come testimonial ex presidenti e politici di primo piano, c’è chi, in questi giorni difficili, tra Parlamento e governo, si concede la battuta: “E se poi gli anticasta ci dicono: il ministro tal dei tali è passato avanti alla popolazione?”. 

 

Di più su questi argomenti:
PUBBLICITÁ