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editoriali

Un piano per il vaccino

Redazione

L’approvazione è vicina, non farsi trovare pronti sarebbe imperdonabile 

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La ricerca scientifica e l’industria farmaceutica, supportate dal pubblico, sono andate molto più veloci di quanto nessuno poteva immaginare. A distanza di undici mesi dalla scoperta di questo nuovo virus (Sars-CoV-2) che causa il Covid, abbiamo a disposizione già i primi vaccini che, dai dati preliminari e dalle valutazioni degli enti regolatori, mostrano un’efficacia formidabile. Siamo andati oltre ogni più rosea aspettativa in uno dei momenti più brutti della storia recente. Nel Regno Unito, grazie a un’approvazione accelerata, sono già cominciate le prime vaccinazioni. L’8 dicembre l’Fda, l’ente regolatorio americano, dopo un’analisi più approfondita dell’ente britannico ha approvato il vaccino Pfizer/BioNTech e contestualmente sono stati resi pubblici molti dati. A breve toccherà all’Ema, l’ente regolatorio europeo, che secondo le dichiarazioni della direttrice esecutiva Emer Cooke si esprimerà il 29 dicembre (per Pfizer) e il 12 gennaio (per il vaccino di Moderna). E verosimilmente il  parere sarà favorevole. Insomma, è tutto pronto. O quasi. In teoria dovremmo essere pronti per iniziare le vaccinazioni dal giorno successivo all’approvazione, perché ogni giorno perso sarebbe un crimine. Il paese dovrebbe essere preparato a funzionare come un orologio svizzero  nell’approvvigionamento dei dispositivi medici necessari, nella definizione dei protocolli, nella logistica, nella selezione del personale medico, nel monitoraggio e quant’altro. Ma sembra che stiamo arrivando al d-day in fretta e furia. Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte aveva ipotizzato l’arrivo del vaccino a dicembre, ma ha nominato il responsabile per realizzare questo ambizioso e difficile piano di distribuzione solo a novembre: il solito Domenico Arcuri. Che sta concludendo ora l’appalto per le siringhe, che dovevano essere acquistate mesi fa come hanno fatto altri paesi. Dopo sei mesi il governo  non è riuscito a organizzare la riapertura dell’anno scolastico, ed è una cosa grave. Ma se non dovesse essere capace di distribuire presto ed efficientemente il vaccino sarebbe imperdonabile.

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La ricerca scientifica e l’industria farmaceutica, supportate dal pubblico, sono andate molto più veloci di quanto nessuno poteva immaginare. A distanza di undici mesi dalla scoperta di questo nuovo virus (Sars-CoV-2) che causa il Covid, abbiamo a disposizione già i primi vaccini che, dai dati preliminari e dalle valutazioni degli enti regolatori, mostrano un’efficacia formidabile. Siamo andati oltre ogni più rosea aspettativa in uno dei momenti più brutti della storia recente. Nel Regno Unito, grazie a un’approvazione accelerata, sono già cominciate le prime vaccinazioni. L’8 dicembre l’Fda, l’ente regolatorio americano, dopo un’analisi più approfondita dell’ente britannico ha approvato il vaccino Pfizer/BioNTech e contestualmente sono stati resi pubblici molti dati. A breve toccherà all’Ema, l’ente regolatorio europeo, che secondo le dichiarazioni della direttrice esecutiva Emer Cooke si esprimerà il 29 dicembre (per Pfizer) e il 12 gennaio (per il vaccino di Moderna). E verosimilmente il  parere sarà favorevole. Insomma, è tutto pronto. O quasi. In teoria dovremmo essere pronti per iniziare le vaccinazioni dal giorno successivo all’approvazione, perché ogni giorno perso sarebbe un crimine. Il paese dovrebbe essere preparato a funzionare come un orologio svizzero  nell’approvvigionamento dei dispositivi medici necessari, nella definizione dei protocolli, nella logistica, nella selezione del personale medico, nel monitoraggio e quant’altro. Ma sembra che stiamo arrivando al d-day in fretta e furia. Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte aveva ipotizzato l’arrivo del vaccino a dicembre, ma ha nominato il responsabile per realizzare questo ambizioso e difficile piano di distribuzione solo a novembre: il solito Domenico Arcuri. Che sta concludendo ora l’appalto per le siringhe, che dovevano essere acquistate mesi fa come hanno fatto altri paesi. Dopo sei mesi il governo  non è riuscito a organizzare la riapertura dell’anno scolastico, ed è una cosa grave. Ma se non dovesse essere capace di distribuire presto ed efficientemente il vaccino sarebbe imperdonabile.

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