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Editoriali

Il piano B per convincere i No vax

Redazione

Per sensibilizzare tutti a fare il vaccino, i Ferragnez potrebbero essere più efficaci dei prof. 

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Tre presidenti americani – indovinate quale manca – tra cui due democratici, Barack Obama e Joe Biden, e un repubblicano, George Bush, si vaccineranno in diretta tv contro Sars-CoV-2 e lo stesso farà Boris Johnson. Sono operazioni a scopo dimostrativo con cui si raggiungerà gran parte della popolazione e si restringerà la frangia dei complottisti No vax. Azzardiamo che anche a Palazzo Chigi faranno un pensierino alla vaccinazione in diretta del premier. Sarebbe una delle mosse mediatiche con cui far passare il convincimento dell’efficacia, sicurezza e necessità di vaccinarsi. Le altre mosse sono fatte di buona comunicazione e serietà, fondatezza e stabilità dei messaggi che verranno convogliati all’opinione pubblica. Non servono super professori, un po’ consumati da mesi di stress televisivo, o raccomandazioni basate sul consenso scientifico. Serve invece una campagna che coinvolga l’intera società, quindi le componenti politiche (non sarebbe male un appello bipartisan per la vaccinazione, ma si va subito a sbattere sul Matteo Salvini insinuante contro i vaccini infantili, “dieeeci, ma non sono troppi?”), quelle sociali (i sindacati sono essenziali per far passare criteri di imposizione vaccinale e consentire la convivenza sicura nei luoghi di lavoro), oltre che culturali e mediatiche.

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Tre presidenti americani – indovinate quale manca – tra cui due democratici, Barack Obama e Joe Biden, e un repubblicano, George Bush, si vaccineranno in diretta tv contro Sars-CoV-2 e lo stesso farà Boris Johnson. Sono operazioni a scopo dimostrativo con cui si raggiungerà gran parte della popolazione e si restringerà la frangia dei complottisti No vax. Azzardiamo che anche a Palazzo Chigi faranno un pensierino alla vaccinazione in diretta del premier. Sarebbe una delle mosse mediatiche con cui far passare il convincimento dell’efficacia, sicurezza e necessità di vaccinarsi. Le altre mosse sono fatte di buona comunicazione e serietà, fondatezza e stabilità dei messaggi che verranno convogliati all’opinione pubblica. Non servono super professori, un po’ consumati da mesi di stress televisivo, o raccomandazioni basate sul consenso scientifico. Serve invece una campagna che coinvolga l’intera società, quindi le componenti politiche (non sarebbe male un appello bipartisan per la vaccinazione, ma si va subito a sbattere sul Matteo Salvini insinuante contro i vaccini infantili, “dieeeci, ma non sono troppi?”), quelle sociali (i sindacati sono essenziali per far passare criteri di imposizione vaccinale e consentire la convivenza sicura nei luoghi di lavoro), oltre che culturali e mediatiche.

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Ovvio che varrebbe di più la coppia Ferragni-Fedez a reiterare il suo sì al vaccino, tale da rispolverare l’inoculazione televisiva di Elvis Presley da cui partì il consenso degli americani alla campagna vaccinale del 1956. Dopo tutto questo ci sono le prescrizioni e infine l’obbligatorietà. Qualcuno ci pensa, ma è uno strumento da usare, come ha detto anche il viceministro Pierpaolo Sileri, solo in condizioni di estrema difficoltà. Il piano del governo è per una partenza basata sull’adesione spontanea e convinta, e probabilmente andrà a segno, perché c’è modo di ritenere che i sondaggi da cui ora emerge una quota impressionante di contrari al nuovo vaccino sovrastimino quelli che saranno gli orientamenti dopo che la campagna mondiale sarà partita. Mentre è certo che oggi i contrari o molto dubbiosi sono più assertivi e desiderosi di esprimersi rispetto a chi è schierato con la scienza e con le agenzie pubbliche del farmaco.

 

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