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Cercasi asintomatici. Bolzano come Liverpool

Marianna Rizzini

La provincia autonoma testerà 350 mila persone. Un laboratorio per le città e il governo

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“Noi vogliamo uscirne con un approccio attivo, non solo difensivo. Vogliamo andare a vedere dove gira il virus per fermarlo, per poter tornare a una situazione che non ha colore, ma può essere definita bianca”. E’ martedì sera quando il presidente della provincia autonoma di Bolzano Arno Kompatscher parla alla cittadinanza. “La situazione epidemiologica è grave. Non ha uguali, negli ultimi giorni, rispetto alle altre regioni italiane”, dice. Il concetto è: per ora ce la facciamo, negli ospedali, ma siamo al limite, bisogna rigirare la clessidra. Kompatscher è il presidente di provincia (esponente della Südtiroler Volkspartei) che ha anticipato l’ordinanza ministeriale sulla zona rossa, e al Ministero della Salute hanno salutato con favore l’iniziativa, quando da Bolzano è arrivata la telefonata in cui si chiedeva il permesso di agire 24 ore prima, visti i dati da inviare allo stesso Roberto Speranza. E ora Kompatscher annuncia un altro passo che rende Bolzano avamposto sperimentale della lotta al virus: un’ordinanza, in vigore da sabato, che trasforma la provincia altoatesina in una specie di zona “ultrarossa”, con screening di massa per 350 mila cittadini dal 20 al 22 novembre, attraverso test antigenici rapidi.

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“Noi vogliamo uscirne con un approccio attivo, non solo difensivo. Vogliamo andare a vedere dove gira il virus per fermarlo, per poter tornare a una situazione che non ha colore, ma può essere definita bianca”. E’ martedì sera quando il presidente della provincia autonoma di Bolzano Arno Kompatscher parla alla cittadinanza. “La situazione epidemiologica è grave. Non ha uguali, negli ultimi giorni, rispetto alle altre regioni italiane”, dice. Il concetto è: per ora ce la facciamo, negli ospedali, ma siamo al limite, bisogna rigirare la clessidra. Kompatscher è il presidente di provincia (esponente della Südtiroler Volkspartei) che ha anticipato l’ordinanza ministeriale sulla zona rossa, e al Ministero della Salute hanno salutato con favore l’iniziativa, quando da Bolzano è arrivata la telefonata in cui si chiedeva il permesso di agire 24 ore prima, visti i dati da inviare allo stesso Roberto Speranza. E ora Kompatscher annuncia un altro passo che rende Bolzano avamposto sperimentale della lotta al virus: un’ordinanza, in vigore da sabato, che trasforma la provincia altoatesina in una specie di zona “ultrarossa”, con screening di massa per 350 mila cittadini dal 20 al 22 novembre, attraverso test antigenici rapidi.

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“La leva per uscirne”, a patto che “quanti più cittadini partecipino”: così il presidente della provincia di Bolzano chiama la campagna di test a tappeto in programma alla fine della prossima settimana, per avere un quadro più chiaro della situazione. Non subire è l’idea, sperimentata già in Slovacchia e a Liverpool. Una sorta di caccia agli asintomatici per fermare la catena del contagio e ridurre, successivamente, il periodo duro di restrizioni. Ma prima del 20 novembre, giorno d’inizio della campagna (si stanno cercando i luoghi deputati allo screening, anche se per i privati è già possibile “testarsi” in farmacia o dai medici di base), si dovrà intervenire ancora, dice Kompatscher, e ridurre all’osso l’interazione sociale: si dovranno quindi a malincuore e per due settimane chiudere, oltre a ciò che è già chiuso, anche altre attività, onde “evitare il più possibile i contatti sociali”. Pure le scuole medie, e per una settimana le elementari, anche se si garantirà il servizio ai figli di alcune categorie di lavoratori.

 

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Ed è chiaro che il “modello” di una Bolzano che non vuole essere chiamata tale – alla provincia dicono di stare “solo facendo il possibile” per uscire dal tunnel – viene osservato con molto interesse non soltanto dal ministero della Salute ma anche dai governatori delle regioni che in queste ore, a giudicare dai bollettini, hanno numeri che parlano proprio di questo: l’attività di test e ricerca di positivi asintomatici sembra essere più alta nelle regioni che hanno situazioni meno gravi. Per esempio il Lazio, regione gialla che ieri contava 51.034 casi “identificati da attività di screening”, a fronte di 22.020 identificati “dal sospetto diagnostico” (mentre in Campania, regione in bilico, si contavano 2.693 casi identificati via screening e 93.228 casi identificati per sospetto diagnostico). E il Lazio risulta primo, tra le regioni, nelle ultime due settimane, per casi testati ogni centomila abitanti (4.641 secondo i dati della Protezione civile). Dovesse funzionare l’esperimento bolzanino, ci sono insomma governatori e sindaci che vorrebbero seguire la via di Kompatscher, della Slovacchia, di Liverpool: trovare, testare, tracciare, isolare, supportare

 

Intanto, a Bolzano, il presidente della provincia si appresta, oggi, giorno di emanazione dell’ordinanza, a sentire le parti sociali, ma con i sindaci è già partita la ricognizione per trovare spazi e personale in vista del weekend (quello del 20 novembre, come si è detto) in cui si cercherà di andare a cercare il virus dove si nasconde, con la collaborazione della Protezione civile, della Croce Rossa e della Croce Bianca. Tutti insieme, dice Kompatscher, alludendo ai cittadini e alle forze politiche. Dice al Foglio Stefania Baroncelli, prorettrice all’Università di Bolzano e consigliere comunale pd: “Personalmente sono entusiasta e cercherò di spingere tutti quelli che conosco a partecipare alla campagna di screening”. E Matteo Bonvicini, presidente della Federfarma di Bolzano, vicino a Italia viva, parla di una provincia “prima in Italia” a far partire “i test sierologici nelle farmacie, inizialmente per gli insegnanti, in settembre”. E, dopo la delibera della giunta provinciale che ha fissato il quadro scientifico e giuridico, “è ora possibile”, dice, “non soltanto effettuare test sierologici nelle farmacie ma anche test antigenici rapidi in tensostrutture esterne alle stesse, con personale dedicato, su prenotazione. Al momento sono attive in questo senso 40 farmacie su 130”.

 

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E mentre Bolzano si prepara a diventare, suo malgrado, frontiera della scommessa di lotta attiva al Covid, il Lazio – che pure ha un trend di ricoveri in terapia intensiva e non intensiva inferiore al resto d’Italia – osserva con attenzione la strada indicata: e se si riuscisse, con i test a tappeto, davvero a prevenire?

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