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L'intervista

"Chiedi alla Asl", simbolo e deus ex machina ai tempi del Covid

Autorità che decreta l'inizio e la fine dell'odissea burocratica del virus, ma anche centrale di soluzione problemi. Parla Enrico Di Rosa, direttore del Servizio di Igiene alla Asl Roma1

Marianna Rizzini

I giorni di febbraio, con il presentimento del peggio in arrivo. Il lockdown, il potenziamento, le assunzioni che ora non si possono fare "perché mancano laureati", la corsa ai test rapidi e alla moltiplicazione dei drive-in, i vaccini anti-influenzali, i bambini, l'isolamento. Come si sta tra chi "risolve un problema e ne spunta un altro". Come eliminare le lungaggini tra tamponi, drive-in, code, test, test rapidi

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“Chiedi alla Asl”. “Vai alla Asl”. “Lo dice la Asl”. “Ti chiamerà la Asl”. E insomma pare quasi, in questi tempi pandemici tornati minacciosi d’autunno, che l’Azienda sanitaria locale, un tempo vista come polveroso moloch di un altro mondo o tempio sonnacchioso della vaccinazione neonatale, sia diventata arbitro, custode e deus ex machina della nostra vita. C’è infatti il virus e la sua imponderabilità, ma c’è anche l’imponderabilità di tutto quello che attorno al virus scorre, con il suo labirinto burocratico che dalla Asl parte o alla Asl arriva: il tampone, le code interminabili, il test rapido, il drive-in lento, il medico di base, la quarantena, l’isolamento, i sintomi, l’asintomatico, l’assembramento e l’accertamento. E nel labirinto si cerca un faro, e cercandolo si viene comunque ricondotti alla frase “chiedi alla Asl”.

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“Chiedi alla Asl”. “Vai alla Asl”. “Lo dice la Asl”. “Ti chiamerà la Asl”. E insomma pare quasi, in questi tempi pandemici tornati minacciosi d’autunno, che l’Azienda sanitaria locale, un tempo vista come polveroso moloch di un altro mondo o tempio sonnacchioso della vaccinazione neonatale, sia diventata arbitro, custode e deus ex machina della nostra vita. C’è infatti il virus e la sua imponderabilità, ma c’è anche l’imponderabilità di tutto quello che attorno al virus scorre, con il suo labirinto burocratico che dalla Asl parte o alla Asl arriva: il tampone, le code interminabili, il test rapido, il drive-in lento, il medico di base, la quarantena, l’isolamento, i sintomi, l’asintomatico, l’assembramento e l’accertamento. E nel labirinto si cerca un faro, e cercandolo si viene comunque ricondotti alla frase “chiedi alla Asl”.

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Ma di che cosa è fatta, oggi, l’istituzione medico-sanitaria diventata suo malgrado protagonista di ansie e speranze, autorità capace di decretare l’inizio e la fine di una quarantena che non è più soltanto fisica e psicologica ma anche burocratica? E come si vive al suo interno, dopo l’arrivo del virus? Enrico Di Rosa, direttore del servizio di Igiene e Sanità pubblica alla Asl Roma 1, ha cambiato per così dire vita in febbraio, quando ha dovuto cimentarsi con quello che, nonostante il ricovero dei due coniugi cinesi allo Spallanzani, pareva all’inizio uno spauracchio lontano, confinato a nord: “Abbiamo avuto un mese per fare tesoro dell’esperienza degli altri, poi il lockdown ha congelato la situazione”.

 

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In mezzo, c’è stato il presentimento-allarme di “un’onda che stava per abbattersi”, annunciata da piccoli segnali: i casi “derivati” da contatti di lavoro in Lombardia e Veneto, e i casi post-settimane bianche. Poi, dice Di Rosa, “c’è stato il mese più duro, tra marzo e aprile, quando le persone chiamavano e sentivi dal telefono che stavano male, ma noi avevamo ancora poche risorse, e ogni sera ci ritrovavamo a dover fare la lista dei 50 o 60 casi, per capire a chi fare il tampone il giorno successivo. Abbiamo sviluppato l’orecchio clinico, ci dicevamo per farci forza, sapendo che tra chi restava a casa c’erano anche persone da curare in ospedale, solo che non c’era posto”.

 

Poi sono venuti i giorni del “potenziamento delle capacità di risposta, dell’ampliamento dei posti letto e delle assunzioni straordinarie”, quelle che ora non si possono fare, nonostante l’intasamento attorno ai tamponi perché, dice Di Rosa, “non ci sono abbastanza laureati da assumere” (cosa che fa sembrare il numero chiuso universitario, improvvisamente, una reliquia di un’altra epoca). Dopo l’aprile nero, è arrivata l’estate: “Gli effetti del lockdown sulla curva contagi si sono visti a maggio, con ulteriore rallentamento a giugno e luglio. Ma una minima circolazione virale c’era, magari con soli quattro o cinque casi al giorno”. Sufficienti a mettere in guardia? “E’ naturale che nella stagione calda i contatti e gli spostamenti si moltiplichino, ed è come se in Sardegna ad agosto si fosse riprodotta la situazione di febbraio in montagna. E’ comprensibile. Ma già a metà agosto, con i primi rientri, si è capito che c’erano le condizioni perché il contagio riprendesse”.

 

Ora, dice Di Rosa, “è come se ci si sentisse di nuovo travolti dai numeri, anche se la differenza nelle ospedalizzazioni rispetto alla primavera ci fa ben sperare”. Il punto però ora è sveltire, evitare che le spire della “burocrazia da Covid” determinino paradossalmente un effetto boomerang. “La regione Lazio ha spinto per l’uso dei test rapidi. Sono utilissimi, ma ricordiamoci che la vera misura di prevenzione non è il tampone, ma l’isolamento”. I cittadini ora vorrebbero però essere testati senza dovere stare ore in coda e senza girovagare da drive-in a drive-in, potendo magari servirsi anche di laboratori privati.

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Di Rosa dice che si sta lavorando in quella direzione, e in altre: “Ci sono state giornate non sostenibili, è vero, ma stiamo lavorando con la regione per ampliare il numero di drive-in – nel Lazio fino a cinquanta – e ridurre i tempi d’attesa, anche attraverso un sistema di prenotazione della fascia oraria con ricetta. La grande lezione del Covid è che problemi e soluzioni invecchiano: pensi di avere risolto una cosa e ne spunta un’altra”. Poi ci sono i bambini, “per i quali i test rapidi sono più urgenti”, e la campagna vaccinale: si sta discutendo di farli somministrare direttamente in farmacia, dice Di Rosa, che si sente come uno che “cerca di correre dietro ai problemi, anche se a volte la coperta mi pare troppo corta”.

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