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“Ecco perché mi faccio iniettare il vaccino sperimentale anti Covid”. Parlano due volontari

Gianluca De Rosa

Stanno partecipando alla fase 1 del test sull'uomo del vaccino Grad-Cov2 a Roma e a Verona. Miriam e Emanuele si raccontano, tra orgoglio e qualche ansia: “Non c'è bisogno di essere No vax per spaventarsi un po'”

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"Se non ci fosse qualcuno disposto a sperimentarlo, questo vaccino non ci sarebbe mai". Miriam Fardelli per spiegare la sua scelta usa un concetto semplice, essenziale e che allo stesso dice una verità dirompente, ma anche un po' inquietante. Lei, 51 anni educatrice in un centro di cura per disabili gravi a San Donà di Piave, provincia di Venezia, è uno dei 70 volontari che all'Istituto Spallanzani di Roma e al policlinico di Verona parteciperà alla fase 1 del test sull'uomo del vaccino Grad-Cov2, il vaccino italiano per sconfiggere il coronavirus realizzato dall'azienda di biotecnologie ReiThera. Il suo turno è fissato lunedì 7 settembre all'ottavo piano del policlinico di Verona, la sede del centro di ricerca clinica dell'ospedale.

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"Se non ci fosse qualcuno disposto a sperimentarlo, questo vaccino non ci sarebbe mai". Miriam Fardelli per spiegare la sua scelta usa un concetto semplice, essenziale e che allo stesso dice una verità dirompente, ma anche un po' inquietante. Lei, 51 anni educatrice in un centro di cura per disabili gravi a San Donà di Piave, provincia di Venezia, è uno dei 70 volontari che all'Istituto Spallanzani di Roma e al policlinico di Verona parteciperà alla fase 1 del test sull'uomo del vaccino Grad-Cov2, il vaccino italiano per sconfiggere il coronavirus realizzato dall'azienda di biotecnologie ReiThera. Il suo turno è fissato lunedì 7 settembre all'ottavo piano del policlinico di Verona, la sede del centro di ricerca clinica dell'ospedale.

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Tutti sanno ormai il ruolo essenziale che la ricerca del vaccino ha per superare la pandemia, ma in pochi, ammettiamolo, farebbero i salti di gioia a sapere da un amico o da un parente di una decisione simile. "Che vai a fare la cavia? vuoi che ti crescano tre occhi, me ne hanno dette di tutti i colori", racconta Emanuele Raniolo, veronese di 32 anni e dipendente di un'azienda di ricerca clinica della zona, la Cromosource, e anche lui "cavia volontaria" per il vaccino. "Lo farò il 9 settembre - racconta - ma sono contento perché al di là delle battute ho avuto il sostegno di tutti: mia sorella, mio fratello e i miei amici mi hanno detto 'Bravo, siamo fieri di te".

 

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Un orgoglio condiviso anche dalla figlia di Miriam Fardelli. È stata proprio lei la ragione che ha spinto la 51enne di San Donà di Piave a farsi avanti come volontaria. "Due anni fa - racconta - mia figlia di 14 anni si è ammalata del linfoma di Hodgkin. Nella seconda fase delle cure le chiesero se voleva provare un percorso più sperimentale. Non tentennò un attimo mi disse 'Mamma se non ci fosse stato qualcuno disposto a sperimentare le cure che sto facendo io oggi, non avrei avuto una prognosi così buona'. Alla fine non fu estratta, ma è comunque guarita. Quella frase a me è rimasta in testa e nei giorni in cui si è iniziato a parlare del vaccino ho subito pensato che avrei voluto fare la mia parte, 'sono in salute, non mi ammalo mai: chi se non me?', mi sono detta. E così semplicemente ho cercato su Google come fare e ho trovato l'annuncio del centro di ricerca di Verona".

 

Anche Emanuele ha una storia particolare. "Lavorando nel settore - spiega - da sempre ho provato curiosità per queste sperimentazioni e già un anno fa mi sono iscritto per fare il volontario anche per altri farmaci, ma non sono stato mai chiamato. Poi con la pandemia ho deciso di scrivere nuovamente al centro di ricerca clinica dell'ospedale di Verona: nel tempo libero faccio il soccorritore volontario sulle ambulanze e quello che ho visto mi ha convinto a farlo". Nessuna paura? "No", dice secco il 32enne.

 

Un po' più in ansia Miriam: "Sono un po' preoccupata, ma mi fido del centro ricerche: siamo in Italia e le cose si fanno in sicurezza, ovviamente essendo una sperimentazione un margine di rischio non lo si può escludere, a differenza di mia figlia il mio compagno e mio figlio hanno cercato un po' di farmi desistere 'Ma perché lo devi fare tu? Lascialo fare a qualcun altro'. Credo sia normale, non c'è bisogno di essere No vax per spaventarsi di una sperimentazione, alla fine però anche loro si sono lasciati convincere dalla mia risolutezza".

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Miriam poi ricorda "più che testare la sicurezza qui si testa l'efficacia del vaccino, infatti ci hanno ribadito di non sentirci assolutamente protetti dal Covid. Il rischio vero poi è la reazione allergica, ma per questo dopo l'inoculamento della dose si rimane 5-6 ore in osservazione in modo che anche nel caso peggiore, quello di uno shock anafilattico, comunque si è in ospedale". Prima dei test raccontano i due volontari: "Ci hanno fatto tutti i prelievi del sangue e il tampone per accertarsi dell'assenza degli anticorpi e un test psicologico". I requisiti principali per fare parte della sperimentazione sono piuttosto generici: ma come spiega Emanuele in realtà ci sono tanti dettagli che possono impedire ai volenterosi la partecipazione "Per esempio non si possono avere tatuaggi sul braccio perché impediscono di verificare eventuali effetti collaterali sulla pelle".

   

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Il protocollo prevede poi che i testati siano monitorati per cinque mesi. "A settembre faremo altri 4 prelievi venosi per vedere la risposta immunitaria", spiega Miriam - poi ci saranno altre 4 visite con prelievo una al mese". "Inoltre - racconta Emanuele - dovremo tenere un diario quotidiano per segnalare eventuali stranezze, ma comunque avremo a disposizione un numero d'assistenza 24 ore su 24". Per i volontari c'è un indennizzo di 700 euro, ma - giurano entrambi - non è stato questo a spingerli a offrirsi. "Di fatto tra benzina e alloggio sarà poco più di un rimborso spese", sottolinea Miriam. Rendere obbligatorio il vaccino se funzionasse? L'educatrice di San Donà di Piave non ha dubbi: "Secondo me si, è così che sarebbe davvero efficace, tenendo conto che ci sono categorie di persone fragili che non potranno farlo". E a no Vax e negazionisti dell'epidemia cosa direbbe: "Devo ammettere che faccio fatica a contenere la mia 'rabbia' nei loro confronti.... Credo  gli direi di  andare a parlare con tutti gli operatori sanitari che hanno lavorato negli ospedali in questo periodo, e con tutte le persone che hanno perso i loro cari senza poterli salutare".

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