Roma Capoccia

L'altra sfida di Gualtieri: fare le metro, ma c'è un problema

Gianluca De Rosa

L’assessore Patanè garantisce: “Su Roma Metropolitane stiamo trovando una soluzione, in futuro assumeremo”

Treni e bus che saltano, attese infinite, servizio interrotto per ore per la sostituzione dei binari. L’elenco lo conoscete bene, il trasporto pubblico a Roma, purtroppo, continua a lasciar desiderare. Normale dunque che quando i romani hanno scoperto che per i veicoli più inquinanti da novembre 2023 sarà attiva – con varchi muniti di telecamere – la più grande Ztl di Europa, 21 chilometri quadrati, sia scoppiata la rivolta. Comune e Regione lavorano ora insieme a una revisione della delibera che impedirebbe, in due anni, la circolazione di circa 400 mila auto. Una regola impensabile in una città che sconta ancora un gap infrastrutturale enorme rispetto alle altre capitali europee. La famosa cura del ferro, promessa invano da decenni. Ancor prima che alla Ztl, dunque, bisognerebbe pensare proprio a recuperare questo divario. 


Nei mesi scorsi il sindaco Roberto Gualtieri e l’assessore alla Mobilità Eugenio Patanè, grazie anche al sostegno della presidente del Consiglio Giorgia Meloni, hanno ottenuto un grande risultato: il finanziamento di 2,2 miliardi per la metro C che, in aggiunta agli 1,7 miliardi già stanziati dal governo Draghi, dovrebbero permettere entro il 2032 il completamento della linea verde fino a Farnesina.


Il rischio però è che, nonostante le risorse finalmente ci siano, non si riescano a spendere nei tempi giusti.  Il problema si chiama Roma Metropolitane. Si tratta della società in house, in liquidazione dal 2019, che dovrebbe occuparsi della progettazione e delle gare per le metro di Roma. Di fatto, si occupa solo di metro C non potendo, visto lo stato di liquidazione, ricevere nuovi incarichi dal Campidoglio. Per il contratto generale con il consorzio che sta realizzando la linea verde è stazione appaltante, responsabile unico del procedimento e supporto tecnico. Si occupa della verifica e revisione dei progetti e del monitoraggio dei lavori. Se salta, insomma, salta metro C. Da mesi non ha una sede fisica. Da febbraio (ad eccezione di un acconto di 500 euro) i lavoratori non vengono pagati. E’ l’effetto di una situazione d’illiquidità ciclica, questa volta dovuta a un pignoramento chiesto ad aprile dalla De Sanctis costruzioni (ma che dovrebbe essere ritirato a breve), che congela i conti e ferma l’operatività. Nell’ultimo anno oltre dieci dipendenti hanno abbandonato l’azienda per lidi più sicuri (a partire da Rfi). Si tratta d’impiantisti, strutturisti e disegnatori, figure tecniche essenziali allo svolgimento del compito che nel più prossimo futuro il Campidoglio vorrebbe assegnare a Roma Metropolitane (seppur in una nuova veste): la progettazione della metro D e i due prolungamenti della linea A da Battistini a Monte Mario e da Battistini a Monte Spaccato e quello della B da Rebibbia a Casal Monastero. L’azienda che dovrebbe dare un contributo decisivo al rafforzamento dell’infrastruttura vive sul filo del fallimento. L’assessore Patanè, appena insediato, voleva rifinanziare la società. Ma Roma Metropolitane si porta in pancia contenziosi pendenti per oltre 1,5 miliardi di euro (molti proprio con il Consorzio metro C) e la Corte dei Conti ha fatto capire al Campidoglio che quella era una strada troppo pericolosa da percorrere. Il piano adesso è la fusione per incorporazione con Roma servizi per la mobilità, un’altra società in house che si occupa della pianificazione dei trasporti, per creare la nuova Roma Infrastrutture. Intanto però la situazione precipita. Racconta un dipendente che preferisce rimanere anonimo: “E’ tutta un’assemblea, invece di pensare a metro C le persone cercano di capire come faranno senza stipendio, o a cercare un altro lavoro, la verifica del progetto esecutivo per la stazione Venezia è andato avanti solo per la buona volontà di alcuni”.


Patanè non ci sta però a fare la foglia di fico. “Abbiamo ereditato una situazione assurda”, dice al Foglio. “La precedente amministrazione ha scaricato i suoi debiti su Roma metropolitane, di fatto bloccandone il funzionamento, l’obiettivo adesso è spostare il ruolo di stazione appaltante su Roma capitale per evitare che i futuri contenziosi, che su un appalto così grosso sono quasi inevitabile, mettano in difficoltà anche la società che dovrebbe nascere dalla fusione con Roma servizi”. Su quelli attuali Patanè lavora per arrivare a degli accordi transattivi: “Quando siamo arrivati a sentenza non abbiamo mai pagato più del 9 per cento di quanto richiesto, dunque io non firmo niente se non è conveniente per la società e per Roma”. Dato che per la fusione delle due aziende ci vorrà tempo, l’assessore pensa anche a un metodo per far funzionare il flusso di cassa: “Stiamo lavorando anche a un sistema di pagamento della società, e quindi dei dipendenti alternativo, sul quadro economico della metro C (e quindi sul finanziamento statale ndr), sufficientemente cospicuo da evitare situazioni di illiquidità come avviene  invece dalla scorsa consiliatura e fino adesso con il pagamento a fattura”. La sensazione però è che manchi personale, nei dipartimenti come nelle aziende, come si farà la rivoluzione del ferro a Roma in queste condizioni? “E’ chiaro che per mettere a terra tutti i tram e le metro previste dal piano della mobilità nei prossimi anni servirà un piano di assunzioni”, dice l’assessore.

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