L'assessore al decentramento e partecipazione Andrea Catarci (ANSA/MASSIMO PERCOSSI) 

Roma Capoccia

Ecco chi è Andrea Catarci, nuovo assessore al Decentramento

Gianluca Roselli 

L’uomo della “città in 15 minuti”, un’idea parigina adottata da Milano: cosa può mai andare storto qui da noi?    

Roma. Ai primi di gennaio ha sfiorato l’incidente diplomatico quando, di fronte ad alcuni casi di Covid tra i dipendenti, ha accusato la macchina comunale di aver messo in piedi “una procedura artigianale e maccheronica per gestire le quarantene”. Apriti cielo: attacchi dell’opposizione, fastidio del sindaco Roberto Gualtieri e scuse con marcia indietro obbligata. Lui è Andrea Catarci, assessore al Decentramento, Partecipazione e Servizi al territorio per la città dei 15 minuti. Ovvero il progetto di città sostenibile dell’urbanista franco-colombiano Carlos Moreno adottato a Parigi e che fa molto fico inserire nei programmi dei candidati sindaci. L’ha fatto (più realisticamente) Beppe Sala a Milano e Gualtieri non poteva essere da meno. Anche se qui la faccenda è un po’ più complessa. L’importante è decentrare e ancora decentrare, dando sempre più funzioni, ma anche soldi e potere, ai municipi che, secondo Catarci, debbono trasformarsi in “comuni urbani”. Insomma, uno nel proprio quartiere deve poter fare tutto, avere i servizi essenziali, ma anche giardini e biblioteche, a non più di 15 minuti, appunto. “Basta attese di mesi, la carta d’identità si farà in biblioteca. E ai municipi va assegnata la gestione delle aree verdi e la manutenzione di edifici di pubblico interesse”, promette l’assessore. 
Cinquantadue anni, laurea in scienze politiche, un incarico alla Link Campus University, Catarci viene dalla lista Sinistra civica ecologista di Massimiliano Smeriglio e Amedeo Ciaccheri. E prima di quest’ultimo per dieci anni è stato presidente dell’VIII municipio, quello di Ostiense-Garbatella-San Paolo, dove è nato e ancora vive con la compagna e due figli. Lì muove i suoi primi passi in politica, tra Rifondazione comunista e il centro sociale La Strada. Quartiere rosso per eccellenza, un po’ l’Emilia della Capitale, dove, a parte una breve parentesi pentastellata, la sinistra radicale governa da sempre. Ma in quelle strade è pure nata e cresciuta Giorgia Meloni. “Catarci fa parte della nidiata di Smeriglio (in consiglio sono entrati anche Michela Cicculli e Alessandro Luparelli, ndr). E’ un gruppo ben collaudato che ha creato un suo feudo di potere all’interno della città”, dice qualche avversario politico. Sotto accusa è la difesa delle case occupate. Nessuno, però, mette in dubbio la capacità amministrativa unita a un forte legame col territorio. 
Grande tifoso romanista, Catarci ha una bella faccia da attore: non sfigurerebbe in una pellicola di Scorsese a fianco di Joe Pesci e Bob De Niro. Da presidente di municipio è stato una spina nel fianco per Gianni Alemanno. Nel 2010 si mette contro il Vaticano che a San Paolo vuole costruire “senza permessi” una succursale del Bambin Gesù. Nel 2015 polemizza ferocemente con i consiglieri leghisti che vogliono portare Matteo Salvini a fare una passeggiata elettorale alla Garbatella. Nel quartiere, poi, apre il primo registro in città per le unioni civili. E si dice favorevole alla creazione di quartieri a luci rosse, “come avviene in molte città del Nord Europa”. All’inizio con Gualtieri si pensava gli toccasse il Patrimonio e politiche abitative, ma poi lì è entrato, a sorpresa, Tobia Zevi.  

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