Una scena di "Play Time - Tempo di divertimento", un film del 1967 scritto, diretto e interpretato da Jacques Tati 

roma capoccia

Roma in 15 minuti? Una completa follia, sparata senza pudore

Andrea Venanzoni

Gualtieri rilancia l’idea di una città in cui gran parte dei servizi siano erogati e raggiungibili in un solo quarto d’ora. E costruisce un dipartimento ad hoc. Progetto titanico nel labirinto della burocrazia capitolina

Fosse stato un utente dei mezzi pubblici capitolini, Jules Verne avrebbe probabilmente dovuto riaggiornare il suo celebre romanzo, facendolo divenire “Il giro di Roma in 80 giorni”. 

  
Ormai il martirio dei pendolari che ogni giorno si piegano alla loro quotidiana dose di sadomaso pubblico, tra traffico, chiusure di stazioni, rottura di vagoni metro o bus flambé, non fa quasi più notizia; suscita quindi un misto di profonda emozione e di trepidante sospensione della incredulità la dichiarazione programmatica del sindaco Gualtieri su Roma città dei servizi in quindici minuti. 

    
Progetto più che ambizioso, quasi titanico, quello di ridurre il tempo di offerta di gran parte dei servizi al quarto d’ora, facendoli trasvolare da Andy Warhol al kafkiano labirinto della burocrazia capitolina.

   
L’idea di una città in cui gran parte dei servizi siano erogati e raggiungibili in un solo quarto d’ora è quasi l’archetipo fondante del nuovo modello di sostenibilità urbana.
Un modello che affonda le proprie radici nell’urbanistica statunitense degli anni venti e che in Italia ha avuto riconoscimento normativo nel decreto del ministero dei Lavori Pubblici del 2 aprile 1968: una rimodulazione capillare del tessuto urbanistico, cui fa spesso riferimento anche il sindaco di Milano Sala, capace di rendere l’agglomerato urbano davvero a misura delle esigenze del cittadino.

     
Detto delle premesse, il sindaco Gualtieri si è spinto oltre: al di là del richiamo espresso nelle linee programmatiche illustrate in assemblea capitolina, è emersa la palese volontà di costituire ex novo un dipartimento specificamente dedicato al progetto. E qui la questione si complica, perché concerne la necessità di rivedere la normativa sul regolamento di organizzazione degli uffici, a cui la Giunta ha dato seguito con la deliberazione 2 dicembre 2021, n. 306, ma anche di individuare specifiche professionalità, e di assegnare una complessiva mission, con mezzi e strumenti, al neoistituito Dipartimento, che nei desiderata del nuovo inquilino di Palazzo Senatorio dovrebbe divenire gemello di un altro dipartimento da coniarsi a breve e dedicato al Pnrr.

   
Far nascere un nuovo dipartimento non è cosa semplice. Organizzarne il funzionamento in maniera concreta ed efficiente è cosa ancora meno facile. A oggi gli uffici capitolini sono regolati dalla deliberazione della giunta capitolina 9 ottobre 2017, n. 222, per come rivista dalla nuova delibera di dicembre.

      
Per intendersi, quando si decide di costituire una unità organizzativa funzionale ad uno scopo precisamente individuato, in certa misura speciale, si costituisce uno snello ufficio di scopo, mentre al contrario un dipartimento è una struttura complessa, divisa in direzioni e in unità organizzative. Per implementarne sul serio le funzioni e non renderlo quindi soltanto una figura fantasmatica e sloganistica, emerge la necessità di dotarlo di fondi, mezzi, strumenti e soprattutto personale: non a caso Gualtieri ha parlato di nuovi dirigenti, cui dovrà seguire del personale specificamente dedicato. In alcuni casi, il personale potrà essere spostato tra dipartimenti, ma senza dubbio alcuno ne servirà di nuovo, e che abbia competenze specifiche, come d’altronde avverrà per il gemello dipartimento sul Pnrr, la cui estrema complessità tecnica necessiterà di professionalità iper-specialistiche.

  
La messa in opera di un simile dipartimento richiederà tempi assai dilatati, così come un progetto complessivo che riesca a razionalizzare, o meglio a tentare di razionalizzare, una città distesa in orizzontale, con imponenti carichi antropici, sistemi viari ormai obsoleti e trasporto pubblico disfunzionale. E in questo contesto, per i pendolari prigionieri di oceani di macchine e di intere tratte metro chiuse per avverse condizioni meteo nemmeno Roma fosse Manila nella stagione dei monsoni, costretti ad endemici ritardi, e con l’assessore alla Mobilità, Eugenio Patanè, che in commissione paventa addirittura lo stop della Metro A, sentir parlare di ‘città in quindici minuti’ ha il sapore amaro della beffa.