Roma Capoccia

L'ex rimessa Atac di piazza Ragusa. Parla Fuksas: “Il comune ha ricomprato una cosa che era già sua”

Francesco Corbisiero

Il grande architetto parla dell’acquisto del deposito di piazza Ragusa. “Sono luoghi che possono essere rilanciati”

Lei, maestro, di una rimessa per mezzi pubblici risalente agli anni 20, tre piani, interni open space, in tutto circa 20 mila metri quadri coperti e 21mila scoperti in zona residenziale, quartiere Appio-Tuscolano, cosa ci farebbe? “Un laboratorio per le start-up. Grande, aperto, trasparente, abitato dai giovani”. Esordisce così Massimiliano Fuksas, architetto di grido, fondatore di uno studio con sedi a Roma, Parigi e Shenzen. Commenta insieme al Foglio la vicenda dell’ex deposito Atac di piazza Ragusa, la cui destinazione è tornata agli onori delle cronache di recente. Per via dell’annuncio comparso nei giorni scorsi sul profilo Twitter della sindaca Virginia Raggi: “L’ex rimessa […] rimarrà in mano ai cittadini. Una vittoria per tutti. Oggi Roma Capitale si è aggiudicata la gara per l’acquisto dell’immobile”. Il tono trionfale serviva, però, a coprire un pasticcio. Alla fine, pur di scongiurare l’acquisto del deposito da parte di Amazon, il Comune ha messo mano al portafogli. L’offerta, pari a circa 15 milioni di euro superava i 10 milioni utili per aggiudicarsi all’asta l’autorimessa e adesso l’ombra di un possibile danno erariale si allunga sulla procedura seguita dal Campidoglio. 


“Ma come, scusi?” chiede l’archistar “ricomprano un bene che è già loro?”. Sembrerebbe di sì. “Allora non è vero quanto sento dire in televisione sullo stato di salute ottimo delle aziende partecipate”. Dipende chi lo dice. “Chi lo dice? La sindaca”. La sindaca, appunto. Il suo ripensamento è arrivato dopo i malumori dei comitati civici, che chiedevano che la struttura fosse destinata ad accogliere servizi asl, aule studio e laboratori culturali, nonché dopo l’interesse espresso dalla società di logistica Vailog del gruppo Segro, intermediaria per il colosso dell’e-commerce. Contrordine, l’amministrazione ricompra. D’accordo, ma per farci cosa? Un deposito dei mezzi elettrici dell’Atac, pare. A tal proposito, Fuksas prova a non restare rinchiuso dietro i confini nazionali o, peggio, municipali. “Tanto per fare l’esterofilo, quello spazio si potrebbe modellare sull’esempio di quanto visto a New York, nel quartiere di Brooklyn, dove un deposito è stato riallestito proprio come dicevo prima: un hub per le start-up”. Del resto, ricerca e sviluppo non fanno notizia, ma esistono anche da queste parti. “Se ne parla poco, ma a Roma, concentrate nell’area del Tiburtino, alcune realtà stanno muovendo passi notevoli nei campi dell’intelligenza artificiale e del machine learning. Perché non assegnarlo a loro?”. 


Il settimo municipio potrebbe prendere spunto da altre zone della capitale, che possono vantare un utilizzo virtuoso degli spazi pubblici e privati. “Una parte piccola e poco utilizzata della Nuvola, all’Eur” anticipa l’architetto “sarà destinata nei prossimi mesi ad attività di coworking su richiesta di presidente e amministratore delegato dell’ente, un contributo di cui vado molto orgoglioso”. A prescindere da chi dovesse uscire vincitore dalle prossime elezioni, quale consiglio darebbe alla prossima giunta capitolina sulle trasformazioni da eseguire su questo tipo di immobili? “Di scommettere tutto sull’innovazione. Basta guardare alla Silicon Valley, dove una nuova generazione di persone lavora in uffici dotati di tutte le ultime tecnologie”. E in generale? “Di puntare, in futuro, sempre più su giovani, transizione digitale ed ecologica. Il mondo cambia di continuo, tocca stare al passo”. 


Per riuscirci, i vincoli storico-architettonici rappresentano un limite necessario o un inutile veto? “Alcuni edifici a Roma versano in condizioni deprecabili, anche per via del rimpallo di responsabilità tra comune e regione” lamenta Fuksas. “Eppure la soprintendenza non è un nemico, difende il nostro patrimonio e bisogna continuare a lavorare di concerto”. Bisogna tornare a fare squadra, quindi, perché “si conserva utilizzando. E occorre tornare a fare manutenzione” avverte. Facile a dirsi, un po’ meno a farsi, nel paese che ad essa, da sempre, preferisce l’inaugurazione.

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