lo stadio giallorosso

Per la Roma Tor di Valle è una storia chiusa. Per Raggi no

Gianluca De Rosa

Lo stadio si farà ma non lì, ribadiscono da Trigoria. Il Campidoglio però indugia ancora sulla revoca, mentre la legislatura è agli sgoccioli. L'ipotesi Vítek e gli interessi di Eurnova

Due giorni fa Virginia Raggi parlando ad una delle tribune radiofoniche del tifo giallorosso ha annunciato che il Campidoglio è pronto a rispondere alle diffide che Eurnova, la società “proponente” del nuovo stadio a Tor di Valle, ha inviato a consiglieri e assessori minacciando richieste di risarcimento milionarie in caso di voto sulla revoca dell’interesse pubblico al progetto. “Abbiamo pronta una querela redatta dall’avvocatura capitolina per le pressioni indebite che Eurnova sta esercitando. Ai consiglieri dico di stare tranquilli”, ha detto la prima cittadina. E la Roma che quella revoca l’ha chiesta e, in teoria, l’aspetta – il nuovo proprietario, il californiano Dan Friedkin, vuole realizzare il nuovo stadio da un’altra parte – che cosa pensa? Il Foglio ha raccolto le intenzioni, gli umori e le supposizioni della società giallorossa. Premessa importante: i terreni di Tor di Valle erano stati pignorati a Eurnova e messi nelle mani di un custode giudiziario. Il precedente proprietario, la decotta Sais di Gaetano Papalia, aveva aperto un contenzioso accusando la società di Luca Parnasi di non averlo mai pagato. Una delle ragioni per cui la Roma chiedeva al Campidoglio la revoca del progetto - oltre all’insostenibilità economica subentrata causa pandemia - era proprio questa. Negli scorsi giorni però i terreni sono stati acquistati dal magnate dell’immobiliare cecoslovacco Radovan Vítek. che – non è un fatto secondario – ha già chiesto di incontrare la sindaca. Un ginepraio davvero complicato.


 

Da Trigoria però ribadiscono: “La nostra idea rimane la stessa: lo stadio si farà, ma non a Tor di Valle”.  Intanto però la questione del mancato voto sulla revoca in assemblea capitolina aleggia pericolosa. Nelle ultime due sedute di consiglio comunale era all’ordine dei lavori, ma non è stata discussa. Anche nel M5S (che intanto non è più maggioranza assoluta) non mancano i mal di pancia e settimana prossima dovrebbe arrivare in Aula, e avere la precedenza, anche l’assestamento di bilancio, un documento che per legge deve essere approvato entro il 31 luglio e che prende quasi sempre più di una seduta per la discussione e il voto. Da lì le rimanenti assemblee si contano sulle dita di una mano: a settembre il consiglio sarà sciolto in vista delle elezioni. Insomma, i tempi stringono. Ma la Roma, almeno a parole non è preoccupata. Questa è la tesi dei giallorossi: per noi Tor di Valle non esiste più, rimane un tema politico per l’amministrazione capitolina che non dovrebbe lasciare appeso un atto del genere. Anche accadesse, però, a Trigoria sono convinti che sia possibile realizzare un progetto alternativo. A Roma esistono altre aree dove già oggi si potrebbe fare uno stadio, il piano regolatore lo prevede (qualcuno ricorda i terreni a Torrevecchia dove i Sensi volevano realizzare il loro impianto?), eppure nessuno è obbligato a far lì lo stadio.

 

Inoltre con l’uscita di scena di Eurnova il procedimento sarebbe rimasto senza “proponente”, di fatto già revocato. “Gli atti amministrativi per la revoca sono già stati approvati dagli uffici – spiegano da Trigoria – inoltre l’acquisto dei terreni da parte di Vítek non rappresenta anche un passaggio implicito del titolo di “proponente” del progetto sul nuovo proprietario”. Su questo la Roma si appoggia a un passaggio della delibera di revoca che lo dice esplicitamente: “Per subentrare nella qualifica di proponente non risulta sufficiente la mera acquisizione delle aree”. La strana figura giuridica del “proponente” è prevista dalla legge Stadi, al pari del riconoscimento dell’interesse pubblico. Pezzi essenziali di un procedimento ben regolato allo scopo di velocizzare la realizzazione dei nuovi impianti (anche se, questa vicenda insegna, non è detto che questo accada). 

 

Eppure qualcosa non torna. Perché Eurnova una volta liberatasi dei terreni avrebbe diffidato mezzo Campidoglio per evitare la revoca del progetto? Possibile che un imprenditore del calibro di Vítek abbia acquistato l’area senza la possibilità di realizzare l’impianto? “Vítek per adesso non ci ha scritto e chi ha detto che voglia davvero fare lo stadio?”, dicono i giallorossi. Forse più tattica che reale convinzione. Sicuramente è vero che l’imprenditore cecoslovacco avrebbe comunque margini per realizzare qualcos’altro. Anche senza l’interesse pubblico e il progetto stadio, da piano regolatore, l’area di Tor di Valle ha un indice di edificabilità dello 0,09, un numero apparentemente piccolo, ma che permetterebbe al magnate dell’immobiliare di realizzare, ad esempio, un parco a tema o un centro commerciale. Una possibilità che secondo la Roma è più credibile di quello che appare. La società che conosce bene i piani economico-finanziari sostiene che il progetto di Tor di Valle sia ormai insostenibile: solo per rientrare del capitale investito per lo stadio e le opere pubbliche previste servirebbero oltre 30 anni. 

 

Chi si occupa dello stadio con assiduità però non esclude anche un’altra ipotesi. Una modifica alla legge sugli Stadi inserita nel decreto Semplificazioni ha introdotto alcune novità normative: per Vítek sarebbe possibile realizzare lo stadio pur non essendo formalmente “proponente”. Chi prenderebbe però poi l’impianto?

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