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Roma Capoccia

Riaprono le antiche meraviglie dell'area archeologica di Gabi

Gianluca De Rosa

Parte del progetto dell'amministrazione capitolina che mira a un turismo 'diffuso', questa domenica riapre al pubblico l'insediamento più antico ancora del nucleo originario dell'Urbe

Non tutti lo sanno, ma all’estrema periferia di Roma, a 20 chilometri dal centro, dopo Tor Bella Monaca, a un passo dalla borgata Finocchio, sorge uno dei siti archeologici più importanti della Capitale. In realtà si tratta proprio di un’altra città: l’antica Gabi, importante insediamento urbano del vetus Lazio abitata ben prima che fossero tracciati i confini dell’Urbe in una posizione strategica che permetteva agli abitanti di controllare la bassa valle dell’Aniene e gli accessi alla valle del Sacco e del Liri. L’area archeologica di circa 70 ettari – che sorge al XII miglio della via Prenestina antica – è stata acquisita da tempo dal demanio dello Stato, ma dal 2019 non è accessibile al pubblico.

 

Grazie a un protocollo d’intesa siglato a novembre 2020 tra Municipio VI, Soprintendenza speciale archeologica di Roma e università di Tor Vergata, da domenica 6 giugno e fino al 10 di ottobre l’area sara riaperta ai visitatori con un programma di visite guidate ed eventi gratuiti. Non lontana dall’impianto di trattamento dei rifiuti Ama di Rocca Cencia, in direzione Tivoli, sulla Prenestina nuova, il sito rappresenta proprio il prototipo di attrazione su cui Campidoglio e sovrintendenze puntano per il rilancio di una nuova idea di turismo post-pandemico: diffuso e meno superficiale. Con lo scopo esplicito di portare i turisti, ma anche i cittadini, fuori dai normali circuiti d’interesse culturale del centro storico capitolino.

  

  

Gli scavi che si sono svolti nell’arco degli anni hanno mostrato che sotto lo strato superficiale del terreno è in gran parte conservata l’antica città latina. L’area, dall’abbandono dell’insediamento antico (tra l’XI e il XII e secolo), è stata sempre e soltanto adibita a uso agricolo, senza subire interventi di costruzione. Proprio per questa ragione ha preservato intatte le strutture antiche che in altre zone sono invece andate distrutte. Alcune di queste sono visibili anche in superficie. In perfetto stato di conservazione è ad esempio possibile osservare manufatti d’epoca romana, come il tempio dedicato a Giunone, ma anche resti più antichi come le capanne dell’età del Bronzo che formavano il primo villaggio.

 

Prima dei turisti, per scavare, da queste parti sono venuti archeologi da tutto il mondo: hanno collaborato ad esempio l’università del Michigan, quella di Bonn, e gli esperti del museo del Louvre. Tra i pezzi forti che si posso vedere all’interno del sito archeologico c’è senz’altro anche la “regia” di Gabii, un complesso edilizio tripartito del VI secolo a.C. rinvenuto in uno stato di conservazione eccezionale. La planimetria e le decorazioni ritrovate hanno suggerito agli archeologi un confronto diretto con i resti del celebre edificio di Roma identificato come la regia dei Tarquini. Durante lo scavo è stato possibile dedurre che l’edificio venne intenzionalmente obliterato sotto un gigantesco tumulo di pietre tra la fine del VI e gli inizi del V secolo avanti Cristo, proprio negli anni in cui, secondo le fonti antiche, a Roma venne rovesciata la monarchia con la cacciata Tarquinio il Superbo, mentre suo figlio Sesto Tarquinio che regnava a Gabii, venne anche lui detronizzato e forse ucciso proprio qui.

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