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Roma Capoccia

Mausoleo di Augusto, un restauro miracoloso

Gianluca De Rosa

Riapre grazie ai soldi privati. Raggi, Bergamo e Marino si contendono un successo che non gli appartiene

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Magnifico e in sordina. Centrale, ma defilato, o meglio, affossato in un catino archeologico di 7 metri. Il mausoleo d’Augusto è un grande paradosso. Un paradosso circolare che quando nel 28 a.C. – dopo la vittoria su Marco Antonio nella battaglia di Azio – Ottaviano Augusto decise di costruire era largo 90 metri e alto 45, abbastanza da gareggiare con la rupe del Pincio. Il più grande monumento funebre circolare dell’antica Roma ancora conservato, eppure rimasto per decine di anni in uno stato di abbandono come un rudere qualsiasi. Una vergogna sì, ma in un certo senso in linea con la sua storia travagliata. Già le guide turistiche medioevali escludevano il masuoleo, ormai inglobato dalle tante costruzioni proliferate nell’area, dalle meraviglie da vedere in città.

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Magnifico e in sordina. Centrale, ma defilato, o meglio, affossato in un catino archeologico di 7 metri. Il mausoleo d’Augusto è un grande paradosso. Un paradosso circolare che quando nel 28 a.C. – dopo la vittoria su Marco Antonio nella battaglia di Azio – Ottaviano Augusto decise di costruire era largo 90 metri e alto 45, abbastanza da gareggiare con la rupe del Pincio. Il più grande monumento funebre circolare dell’antica Roma ancora conservato, eppure rimasto per decine di anni in uno stato di abbandono come un rudere qualsiasi. Una vergogna sì, ma in un certo senso in linea con la sua storia travagliata. Già le guide turistiche medioevali escludevano il masuoleo, ormai inglobato dalle tante costruzioni proliferate nell’area, dalle meraviglie da vedere in città.

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“Adesso finalmente potrà riuscire ad avere l’attenzione che merita: noi lo abbiamo sempre visto così degradato, ma questo è uno dei monumenti più importanti dell’antichità”, dice entusiasta Alessia, archeologa e appassionata guida che ci conduce attraverso il dromos, il corridoio esterno alto 12 metri che permette l’accesso al monumento funebre e avvisa i visitatori dell’originaria maestosità (qui le immagini del restauro). Lei stessa però è costretta ad ammettere: “Quando nel ‘36, per volontà del Duce si decise di disfare l’auditorium augusteo per ritrovare la grandezza imperiale con il grande scavo ci si accorse presto che poco era rimasto tant’è che qualcuno iniziò a definire il mausoleo il ‘dente cariato’”.

 

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Cariato o meno, da lunedì, dopo una chiusura troppo lunga, il monumento ha riaperto (anche se le visite sono già sold out fino al 30 giugno). E’ terminata la prima fase di lavori finanziata da Roma Capitale e governo che prevedeva il restauro e il consolidamento delle struttura (sono state messe in sicurezza oltre 14mila metri quadri di mura). Adesso, toccherà la parte più complessa, quella della musealizzazione che avverrà di pari passo con la nuova sistemazione della piazza (i lavori sono stati finanziati dalla fondazione Tim).

 

Castello, locanda, giardino, arena per la giostra della bufale (alle mura romane sono ancora agganciati gli anelli per legare gli animali), teatro (rimangono i resti incassati nel muro degli orinatoi) e auditorium. “Non esiste a Roma un monumento che abbia avuto un palinsesto così ampio di destinazioni d’uso”, ci dice Elisabetta Carnabuci, archeologa della sovrintendenza capitolina e responsabile dello scavo. “Ora – spiega – la vera sfida è riuscire a raccontarne la storia perché è lunghissima, eterogenea e ci rimane molto poco”.

 

La molteplicità degli usi che nei secoli hanno trasformato il mausoleo è quasi eguagliata dalla molteplicità di rivendicazioni di merito di questi giorni. Per la riapertura lunedì la sindaca di Roma Virginia Raggi ha invitato a visitare con lei il monumento le rappresentanze di alcune categorie di cittadini particolarmente colpite dalle conseguenze della pandemia: commercianti, commessi, baristi, ristoratori, medici e infermieri. Il giorno dopo l’ex vicesindaco e assessore alla Cultura silurato da Raggi, Luca Bergamo, ha ricordato su Facebook: “Nel 2016 la convenzione con Telecom rischiava di essere vanificata, solo grazie al mio intervento a quello del Sovrintendente capitolino e alla disponibilità della fondazione fu confermata”. Due giorni dopo a intervenire per mettere i punti sulle i è stato l’ex primo cittadino Ignazio Marino: “Vorrei ringraziare Beppe Grillo per aver consentito, da Garante del M5s, alla Sindaca Virginia Raggi di dedicare qualche minuto nella sua giornata a celebrare il lavoro coordinato da Giovanni Caudo e dalla mia Giunta”.

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