Foto Fabrizio Corradetti/LaPresse

Roma Capoccia

Quattro mesi per un cambio di residenza, collasso burocratico

Gianluca De Rosa

Il comune dovrebbe provvedere all'iscrizione entro due giorni dall'invio dei documenti via mail o pec. Tutto questo non accade. E il sistema va in tilt, vedi le residenze fittizie: in via Modesta Valenti, indirizzo di fantasia, risiedono ufficialmente 19mila romani

Semplificazione e sburocratizzazione”. Quando neanche due mesi fa Virginia Raggi a braccetto con l’ex ministro della Digitalizzazione Paola Pisano varcava l’ufficio di via Petroselli per festeggiare il passaggio dell’anagrafe capitolina nella nuova Anagrafe nazionale della popolazione residente non si sarebbe certo aspettata che dietro a quella importante novità si sarebbero nascoste notevoli insidie. Un paradosso tutto romano: l’innovazione che arretra, il futuro che rende meno efficienti. Una stranezza sì, ma possibile perché per cambiare bisogna prima prepararsi, sennò l’effetto può essere imprevedibile. A Roma è stato quello di riuscire ad aumentare i tempi – già non da record – per la richiesta del cambio di residenza, un passaggio fondamentale per accedere a diversi servizi pubblici: dal medico di base, all’iscrizione agli asili dei propri figli e ai servi sociali comunali, fino, ovviamente, alla possibilità di votare. In molti municipi della città i tempi di attesa superano ormai i 4-5 mesi. Solo in parte è colpa dell’arretrato che si è creato tra il 9 e il 16 di dicembre, quando per permettere il cambio di sistema il servizio è stato interrotto. A creare inefficienze è stata principalmente la difficoltà che i dipendenti dei municipi stanno trovando per utilizzare il nuovo sistema informativo della popolazione (Sipo) progettato da Accenture per permettere ai lavoratori capitolini d’interfacciarsi con la nuova banca dati nazionale.

  

 

E pensare che in teoria per un cambio di residenza ci vorrebbe pochissimo: si invia una mail o una pec con la documentazione ed entro due giorni lavorativi il comune dovrebbe provvedere all’iscrizione. Ci sono poi 45 giorni per le verifiche della documentazione e l’eventuale controllo della polizia locale. Se non ci sono irregolarità, il certificato di residenza dovrebbe poi essere facilmente scaricabile dal sito del comune. Oggi però tutto questo non accade. Inviata la pec non si riceve risposta e, per sperare di riuscire in tempi rapidi, bisogna attaccarsi al telefono cercando di parlare con qualche dipendente. Un’impresa impossibile. Ieri chiamando i 5 interni dell’ufficio anagrafico del VII municipio in orario d’ufficio (8.30-13) non c’è stato verso di ricevere risposta. La centralinista dell’Urp ci ha spiegato mortificata: “Io posso darvi tutti i numeri che ci sono, ma non posso garantire che qualcuno risponda”. I dipendenti, in realtà, sono i più arrabbiati di tutti. Qualche settimana fa, decine di loro, da nove diversi municipi, hanno scritto una lettera di fuoco indirizzata alla sindaca e all’assessore al Personale Antonio De Santis: “Sono tuttora irrisolte – scrivevano in riferimento al nuovo gestionale – molte delle problematiche inerenti ai cambi di residenza [...] Il programma non consente la definizione delle pratiche, non attinge alla banca dati della toponomastica, non riconosce gli indirizzi, bloccando di fatto le residenze”. E ancora: “Appare evidente che nel programma la procedura attuativa dei cambi residenza in tempo reale non sia in alcun modo presente, con tutte le conseguenze che ciò comporta”.

 

Sul tema si è svolta anche una commissione Trasparenza alla quale ha partecipato anche Francesco Figliomeni, consigliere di Fratelli d’Italia che ci spiega: “Nel nuovo sistema, mancano una serie di possibilità che esistono invece nella realtà. Faccio un esempio: alcuni condomini hanno – magari per la presenza di un cortile interno – diverse palazzine, ma questa opzione non è prevista. Quando i dipendenti si trovano di fronte a un caso del genere non sanno cosa inserire, ma il software non permette di saltare alcun passaggio e quindi le pratiche rimangono bloccate”.

 

Un problema particolarmente grave riguarda le cosiddette residenze fittizie. Un escamotage burocratico che permette ai senza fissa dimora e a coloro che vivono in immobili occupati – e che per il decreto Lupi del 2014 non hanno diritto a registrare lì la loro residenza – di accedere comunque ai servizi che la residenza garantisce. Entrambe le categorie possono utilizzare una residenza fittizia, un indirizzo di fantasia che a Roma si chiama via Modesta Valenti. Ci risiedono in 19mila. Questa possibilità però è stata cancellata dal nuovo sistema. Il tema è delicato e urgente. Ieri negli uffici del municipio V si è svolta una protesta pacifica, ma dura dei rappresentanti del comitato del Quarticciolo. Nel quartiere un alloggio popolare su quattro è occupato senza titolo. A fine dell’anno scorso la Regione Lazio ha approvato una sanatoria per coloro che hanno i requisiti di reddito. Per partecipare però serve la residenza in città. Ci spiega Pietro del comitato Quarticciolo: “Le domande sono state presentate ben prima dei 45 giorni previsti dalla legge, ma dato che il nuovo sistema non prevede l’opzione ‘Modesta Valenti’ si rischiava di impedire a tantissime persone di farlo”. Dopo la protesta di ieri, comunque, la questione dovrebbe essere stata risolta.

 

Nonostante le difficoltà l’assessore Antonio De Santis crede nel cambiamento: “Per un serio rilancio dei servizi servono scelte coraggiose. Siamo andati in questa direzione”.

 

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