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Nemesi del bus

Raggi pensava di aver salvato Atac, ma il Tar vendica il referendum negletto

Per il tribunale la sindaca ha l'obbligo di promulgare la vittoria del "Sì" alla riforma del trasporto pubblico locale

Marianna Rizzini

Il silenzio dell'Amministrazione prima della consultazione del 2018, e il silenzio successivo. La prima e la seconda pronuncia del tribunale, la discussione che verrà

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Lo dice il Tar del Lazio: Virginia Raggi deve proclamare la vittoria del “sì” al referendum consultivo del 2018 sulla messa a gara del servizio di trasporto pubblico. Ha dieci giorni di tempo. Se non lo fa, dovrà intervenire il prefetto di Roma Matteo Piantedosi, dal Tar nominato commissario ad acta. E pensare che Raggi, due giorni fa, nelle sacche della crisi di governo, si è descritta in un post come colei che Atac l’ha tirata fuori dal baratro: “In soli due anni è stato fatto un piccolo miracolo. Abbiamo salvato l’azienda di trasporto pubblico di Roma, e comprato 555 bus”.

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Lo dice il Tar del Lazio: Virginia Raggi deve proclamare la vittoria del “sì” al referendum consultivo del 2018 sulla messa a gara del servizio di trasporto pubblico. Ha dieci giorni di tempo. Se non lo fa, dovrà intervenire il prefetto di Roma Matteo Piantedosi, dal Tar nominato commissario ad acta. E pensare che Raggi, due giorni fa, nelle sacche della crisi di governo, si è descritta in un post come colei che Atac l’ha tirata fuori dal baratro: “In soli due anni è stato fatto un piccolo miracolo. Abbiamo salvato l’azienda di trasporto pubblico di Roma, e comprato 555 bus”.

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Il sindaco, che quasi quasi nascondeva sotto al tappeto il referendum che avrebbe potuto gettare un ponte oltre i disservizi, dice anche di aver “cambiato le regole del gioco e ricominciato a investire, senza fare sprechi”. Eppure, nel 2018, la campagna elettorale per il voto consultivo, nonostante le regole che prevedevano per l’amministrazione il compito di dare risalto all’evento, non riuscì a bucare lo schermo, per così dire: circa quattrocentomila cittadini si recarono al seggio in un clima un indifferenza di sindaco e partiti. Dopo la vittoria del “sì”, il silenzio è stato ancora più profondo. Fino a quando sempre il Tar, nel 2019, su ricorso presentato dal comitato promotore, ha stabilito che per il referendum non serviva il quorum, come previsto peraltro da regole del Comune stesso, e che quindi l’amministrazione avrebbe dovuto promulgare il risultato.

 

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Oggi il tribunale ribadisce, visto che il silenzio continua. Il ricasco politico della vicenda si vedrà più avanti: a seguito della promulgazione, infatti, l’amministrazione dovrà convocare entro un mese una seduta dell’Assemblea Capitolina, per una discussione sull’esito del referendum. Fosse anche solo una discussione simbolica, sarebbe un primo passo. Dice il co-promotore del referendum Massimiliano Iervolino, segretario di Radicali Italiani, con Leone Barilli e Francesco Mingiardi, segretario e presidente di Radicali Roma: “Il Tar definisce i referendum consultivi ‘fondamentale strumento di democrazia partecipativa’ in relazione al quale l’inerzia dell’amministrazione comunale assume ‘un particolare disvalore, acuito dalla prossima scadenza del mandato elettorale dell’attuale consiglio comunale’”. E Riccardo Magi, co-promotore e deputato radicale di +Europa, nota invece la singolare coincidenza temporale tra il post auto-assolutorio del sindaco e la sentenza: “Mentre Raggi millanta sui social gli inesistenti risultati della sua amministrazione che avrebbe salvato Atac, una seconda sentenza le intima di proclamare la vittoria del si. Tutto ciò sarebbe comico se non fosse tragico per la Capitale e per i suoi cittadini. Ma il tempo sta facendo giustizia”. Resta il problema: la riforma (urgente) del modello di servizio di trasporto pubblico.  

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