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RomaCapoccia

Le conseguenze della vittoria (decisa dal Tar) del Sì nel referendum sull’Atac

Andrea Giuricin

Dopo la sentenza, dovrebbe subito essere bandita una gara per l'assegnazione del trasporto pubblico locale. Ma il Campidoglio farà finta di nulla 

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Nella confusione politica che regna su Roma arriva una notizia che aiuta a fare un po’ di luce almeno su trasporto pubblico locale. Il Tar ha deciso infatti di obbligare la giunta Raggi a proclamare la vittoria del “Sì” al referendum su Atac promosso dai Radicali nel 2018. Nel novembre di quell’anno i cittadini romani che si recarono alle urne per un referendum consultivo decisero di votare in grande maggioranza “Sì” alla liberalizzazione del trasporto pubblico locale. Molto probabilmente gli elettori erano in disaccordo con la gestione dell’Atac, un’azienda che è costata tra contributi e perdite circa 9 miliardi di euro ai cittadini romani in soli 11 anni e che non rispetta da anni il contratto di servizio con il comune di Roma Capitale. Nonostante questo, il contratto di servizio  è stato prolungato senza alcuna gara trasparente fino alla fine del 2021 dalla giunta capitolina.

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Nella confusione politica che regna su Roma arriva una notizia che aiuta a fare un po’ di luce almeno su trasporto pubblico locale. Il Tar ha deciso infatti di obbligare la giunta Raggi a proclamare la vittoria del “Sì” al referendum su Atac promosso dai Radicali nel 2018. Nel novembre di quell’anno i cittadini romani che si recarono alle urne per un referendum consultivo decisero di votare in grande maggioranza “Sì” alla liberalizzazione del trasporto pubblico locale. Molto probabilmente gli elettori erano in disaccordo con la gestione dell’Atac, un’azienda che è costata tra contributi e perdite circa 9 miliardi di euro ai cittadini romani in soli 11 anni e che non rispetta da anni il contratto di servizio con il comune di Roma Capitale. Nonostante questo, il contratto di servizio  è stato prolungato senza alcuna gara trasparente fino alla fine del 2021 dalla giunta capitolina.

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In seguito alla decisione del Tar, il Comune è ora obbligato a convocare l’Assemblea capitolina e se la decisione di proclamare la vittoria del “Sì” non verrà presa dal sindaco, sarà il prefetto a effettuarla. Il tema della liberalizzazione entra dunque prepotentemente nella campagna elettorale per l’elezione del sindaco della prossima primavera e pone il problema della mobilità al centro dell’attenzione mediatica. Dal 2012 al 2019, anno precedente alla pandemia, la produzione chilometrica è scesa da 161 a 149 milioni di vetture-chilometro, nonostante l’arrivo della metro C.

 

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Al tempo stesso i problemi non sono stati risolti dal concordato, che di Atac, in gran parte i cittadini romani stessi. L’azienda ha visto tra il 2016 e il 2019 un aumento dei contributi pubblici complessivi da 584 a 626 milioni di euro e al contempo sono stati “congelati i debiti” per via del concordato. I problemi rimangono evidenti per Atac e sono legati al costo del personale, che è passato ad incidere dal 45 per cento del 2014 dei costi totali a circa il 57 per cento del 2019: un dato estremamente preoccupante che mostra come la situazione sia purtroppo andata peggiorando. Un altro triste primato arriva dal servizio di superficie (bus, tram, etc): la differenza tra produzione effettuata da contratto di servizio e servizio programmato nel 2017 era al 16 per cento. Tale differenza è cresciuta fino al 17 per cento nel 2019.

 

Potremmo dire che con la decisione del Tar il dado è tratto: la decisione di andare a preparare una gara per l’assegnazione del servizio di trasporto pubblico locale dovrebbe essere presa immediatamente, così come richiesto oltre due anni fa dai cittadini romani, per ragioni sia economiche sia democratiche. D’altronde, proprio il Movimento 5 stelle, che governa la città, è sempre stato il partito della “democrazia diretta” e una volta che è stata esercitata in un referendum consultivo, tramite una procedura istituzionale e trasparente e con un numero di elettori di gran lunga superiore alle votazioni su Rousseau, sarebbe interessante comprendere perché la voce dei romani non dovrebbe essere ascoltata. Il quorum, come evidenziato dal Tar, non era necessario e iniziare a preparare delle gare avrebbe dei benefici enormi per i cittadini. In primo luogo, vi potrebbe essere un risparmio di 300 milioni di euro l’anno, se delle gare efficienti e ben fatte (certo non facili da fare) venissero effettuate dall’amministrazione comunale. Secondo, e forse anche più importante, il contratto di servizio assegnato tramite gara, e senza il conflitto d’interesse esistente tra Ccmune appaltante e società controllata dalla politica comunale stessa, porterebbe ad avere un incremento immediato dell’offerta di superficie di oltre il 20 per cento. Molto probabilmente il comune di Roma farà finta di nulla anche di fronte alla decisione del Tar e soprattutto di fronte alla necessità di cambiare l’efficienza del trasporto pubblico locale di Roma. Tuttavia il tema rimane, sia per la fase finale di questo quinquennio di governo a 5 stelle, che per la prossima amministrazione, di qualunque colore essa sia.

 

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