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Roma Capoccia

Nel Natale-non Natale, Raggi paragona le sorti di Roma a quelle di Spelacchio

Tra le vie del centro piovose e poco popolate, sotto la pioggia che fa sparire la banchina che faceva sentire i romani in semi-coprifuoco un po' londinesi e un po' parigini

Marianna Rizzini

La metafora del sindaco e la difficoltà di consolazione per il cittadino. Piazza Navona, la fontana, le luci, i gruppi Facebook, la rissa al Pincio appena lodato per ordine e pulizia, il papa con l'ombrello in Piazza di Spagna, le serrande abbassate e la morìa di popcorn e caldarroste. "La città prima derisa che diventa bella" (ma nello straniamento delle festività con Covid)

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Sono le 8 del mattino dell’8 dicembre quando improvvisamente ci si accorge che – nel Natale pandemico cui quasi sembra mancare proprio il Natale – non c’è più neanche la banchina del Tevere, inghiottita com’è dalla pioggia, con l’isola Tiberina sommersa a intermittenza – “mamma, è sparita!”, si sente dire da un bambino, mentre l’acqua scende e risale sotto al Fatebenefratelli, lasciando spuntare un albero, solo e sparuto. E anche la scomparsa della banchina, nell’avvitarsi di regole anti-pandemia, sembra un carico ulteriore per il romano stanco che, tra pista ciclabile e camminamento laterale, tra foglie secche e barconi vuoti ormeggiati, aveva cominciato a consolarsi con pensieri di piccolo cosmopolitismo, nonostante l’impossibilità del viaggio: chiuse le palestre, chiuse le piscine, ma possiamo fare come a Londra e a Parigi, e trovarci per la passeggiata o la corsa prima del lavoro. E c’erano mattine, poco dopo l’alba, in cui lungo la banchina qualcuno si dava appuntamento per la chiacchierata itinerante con l’amico che non si può più vedere al bar,  e c’era chi la domenica trascinava laggiù i bambini che non si possono più portare al cinema, nel pre-Natale straniante senza popcorn e con morìa di caldarroste, altre piccole vittime del Covid. Né ci si può consolare con l’assenza delle tanto vituperate bancarelle in Piazza Navona – o di quel che ne rimaneva dopo anni di polemiche su banchi abusivi e non: quest’anno il passante, a vedere la piazza simbolo del Natale e soprattutto della Befana così vuota, quasi non ce la fa neanche più a dire, come d’estate, “beh non l’avevamo mai vista così bella senza turisti”. E anzi: tra sé e sé rimpiange persino la vecchia giostra con i cavalli, quella che ostruiva la vista della fontana. E se il sindaco Virginia Raggi ha annunciato i giochi di luce Acea fino al 6 gennaio, ogni sera, proprio sui marmi della fontana, su Facebook sono già nati gruppi di cittadini puristi, quelli a cui i colori arcobaleno sui Quattro Fiumi sembrano eresia.

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Sono le 8 del mattino dell’8 dicembre quando improvvisamente ci si accorge che – nel Natale pandemico cui quasi sembra mancare proprio il Natale – non c’è più neanche la banchina del Tevere, inghiottita com’è dalla pioggia, con l’isola Tiberina sommersa a intermittenza – “mamma, è sparita!”, si sente dire da un bambino, mentre l’acqua scende e risale sotto al Fatebenefratelli, lasciando spuntare un albero, solo e sparuto. E anche la scomparsa della banchina, nell’avvitarsi di regole anti-pandemia, sembra un carico ulteriore per il romano stanco che, tra pista ciclabile e camminamento laterale, tra foglie secche e barconi vuoti ormeggiati, aveva cominciato a consolarsi con pensieri di piccolo cosmopolitismo, nonostante l’impossibilità del viaggio: chiuse le palestre, chiuse le piscine, ma possiamo fare come a Londra e a Parigi, e trovarci per la passeggiata o la corsa prima del lavoro. E c’erano mattine, poco dopo l’alba, in cui lungo la banchina qualcuno si dava appuntamento per la chiacchierata itinerante con l’amico che non si può più vedere al bar,  e c’era chi la domenica trascinava laggiù i bambini che non si possono più portare al cinema, nel pre-Natale straniante senza popcorn e con morìa di caldarroste, altre piccole vittime del Covid. Né ci si può consolare con l’assenza delle tanto vituperate bancarelle in Piazza Navona – o di quel che ne rimaneva dopo anni di polemiche su banchi abusivi e non: quest’anno il passante, a vedere la piazza simbolo del Natale e soprattutto della Befana così vuota, quasi non ce la fa neanche più a dire, come d’estate, “beh non l’avevamo mai vista così bella senza turisti”. E anzi: tra sé e sé rimpiange persino la vecchia giostra con i cavalli, quella che ostruiva la vista della fontana. E se il sindaco Virginia Raggi ha annunciato i giochi di luce Acea fino al 6 gennaio, ogni sera, proprio sui marmi della fontana, su Facebook sono già nati gruppi di cittadini puristi, quelli a cui i colori arcobaleno sui Quattro Fiumi sembrano eresia.

 

E anche quando la pioggia lascia un’ora di tregua, l’8 dicembre della Roma stralunata sembra il 7 gennaio, il giorno più odiato di quando si tornava a scuola dopo le vacanze, con i compiti fatti un po’ così:  freddo e semi-deserto. Così appariva infatti Via del Corso alle 3 del pomeriggio del giorno di festa, vista anche la chiusura in tutta la zona dei grandi negozi equiparati ai centri commerciali. E c’erano gruppetti smarriti di ragazze a ridosso del rivenditore di scarpe, ma anche vetrine inutilmente accoglienti verso clienti che stentavano ad arrivare o vetrine dismesse di esercizi appena chiusi per crisi da Covid. E chissà se davvero rincuorava l’accensione, a un certo punto, dopo il tramonto, del manto di luci (“come stelle”, diceva il sindaco Raggi) e l’illuminarsi del famoso albero di Piazza Venezia, soprannominato Spelacchio in anni più felici. Un albero già baciato da attimi di celebrità mentre veniva issato,  quando qualcuno aveva postato sui social un’immagine sbilenca e qualcun altro aveva commentato “no, pure l’albero storto nel 2020 no!”). Ma poi l’abete aveva preso vita, e Raggi si era lanciata, in conferenza stampa, nel parallelismo tra “la città derisa e con problemi che diventa più bella” e lo Spelacchio che negli anni diventa meno spelacchiato. E pazienza se a tratti il tutto pareva anche un po’ un’auto-pubblicità alla sindaca  in vena di ricandidatura, tanto che “la metafora” del brutto anatroccolo che univa Roma e Spelacchio lambiva, nelle parole di Raggi, anche “l’amministrazione” stessa, pronta a migliorarsi, diceva il sindaco, come i cittadini alle prese con il Natale in mezzo-coprifuoco. Cittadini disorientati: vedi quelli che nei giorni scorsi avevano lodato l’aspetto ordinato  del Pincio, e poi erano stati improvvisamente assaliti dalla realtà di un sabato pomeriggio di rissa  tra adolescenti proprio al Pincio (rissa peraltro forse destinata a un bis il prossimo weekend). E mentre i Vigili del fuoco raccontavano sui giornali  l’evento dell’Immacolata– papa Francesco alle 7   in piazza di Spagna, con l’ombrello, per l’omaggio alla Madonna  – l’8 dicembre del Natale non-Natale scivolava via sotto al Campidoglio, tra marciapiedi bagnati e torrenti al centro della strada.

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