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roma capoccia

Ecco perché presto berremo acqua del Tevere, la nuova riserva idrica

Gianluca De Rosa

In tempi record, Acea ha trasformato in potabilizzatore un impianto di depurazione a Roma Nord, zona Grottarossa. Garantirà una “riserva idrica d’emergenza” da 500 litri al secondo alla rete dell’intero Ato 2, il bacino idrico che comprende Roma e provincia

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A Roma lo sanno tutti, l’“acqua del sindaco è la più buona di tutte”. L’encomio del rubinetto, nel motteggio popolare capitolino, precede l’impegno ecologista: bevi l’acqua del rubinetto, non tanto per ridurre il consumo di plastica, ma perché è più buona. E, soprattutto, “è gratise”. Qualcuno prossimamente potrebbe però iniziare a diffidare dai detti dopo aver scoperto che, tra non molto, dai rubinetti potrebbe cominciare a sgorgare l’acqua del Tevere. Ovviamente previa potabilizzazione.

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A Roma lo sanno tutti, l’“acqua del sindaco è la più buona di tutte”. L’encomio del rubinetto, nel motteggio popolare capitolino, precede l’impegno ecologista: bevi l’acqua del rubinetto, non tanto per ridurre il consumo di plastica, ma perché è più buona. E, soprattutto, “è gratise”. Qualcuno prossimamente potrebbe però iniziare a diffidare dai detti dopo aver scoperto che, tra non molto, dai rubinetti potrebbe cominciare a sgorgare l’acqua del Tevere. Ovviamente previa potabilizzazione.

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In tempi record, infatti, Acea ha trasformato, al costo di circa 10 milioni di euro, in potabilizzatore un impianto di depurazione a Roma Nord, zona Grottarossa, che veniva utilizzato per trattare le acque del fiume destinate ad annaffiare i giardini vaticani. Conferenza dei servizi lampo conclusa nella primavera del 2018, sei mesi più tardi l’inaugurazione alla presenza della sindaca Virginia Raggi, ma non della stampa. Il nuovo potabilizzatore garantirà una “riserva idrica d’emergenza” da 500 litri al secondo alla rete dell’intero Ato 2, il bacino idrico che comprende Roma e la sua provincia.

  

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Il 27 novembre inoltre la conferenza dei comuni della provincia ha approvato il nuovo piano tariffario che prevede alcuni aumenti per permettere ad Acea Ato 2 – concessionaria del servizio idrico per il territorio – di realizzare diverse opere tra cui anche un secondo potabilizzatore da 29 milioni in grado di rendere bevibili altri 3mila litri d’acqua. Perché le acque del Tevere possano iniziare a sgorgare dai rubinetti dei romani però manca l’ultimo via libera della conferenza decisoria ancora in corso in Regione. Ma perché si è arrivati a questa decisione?

 

Tutto inizia nel 2017 quando la crisi idrica di un inverno senza piogge costringe Acea a captare acqua dal lago di Bracciano che – grazie a una concessione – dal 1990 era per Acea una “riserva idrica stagionale”, il lago però comincia piano piano ad abbassarsi di livello: riaffiorano ville romane, muoiono specie animali e vegetali. La Regione Lazio con un’ordinanza impone lo stop. Per quei fatti il Tribunale di Civitavecchia ha recentemente rinviato a giudizio i vertici di allora di Acea Ato 2 per disastro ambientale.

 

Da allora, dunque, nessun prelievo. E per fortuna non ce n’è stato bisogno. Ma se l’assenza di piogge causasse una crisi simile a quella di tre anni fa (con lo stop a Bracciano si paventarono addirittura ipotesi di razionamento idrico), che cosa accadrebbe? Acea sta lavorando al raddoppio dell’acquedotto del Peschiera che porta a Roma l’80 per cento dell’acqua. Un maxi investimento da 100 milioni che che l’ad Giuseppe Gola vorrebbe inserire nel Recovery fund. I tempi per un’opera di così grande non saranno brevi. Per questo, intanto, la multiutility ha deciso di puntare sui potabilizzatori.

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La vicenda è emersa già da mesi grazie all’azione dei Comitati per l’acqua pubblica che attraverso la fondazione Banca Etica partecipano con una quota di azionariato critico ai cda. Dice Paolo Carsetti, uno degli attivisti: “La rete idrica di Roma perde circa 8-9 mila litri d’acqua al secondo, le perdite sono al 38 per cento, a Milano, per fare un esempio, la dispersione è al 14,3, in linea con la media europea. Perché invece di costruire potabilizzatori, non si lavora sulla rete? Basterebbe recuperare il 6-7 per cento per non avere bisogno del Tevere”. Carsetti ricorda inoltre una strana coincidenza: “Due giorni dopo l’inaugurazione del potabilizzatore la commissione Ambiente della Regione Lazio ha modificato il piano regionale di tutela delle acque che fino a quel momento disponeva di non usare l’acqua dei fiumi regionali in cui finivano anche reflui industriali, come quella del Tevere, a fini potabili”.

 

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“La Regione – dice ancora Carsetti – avrebbe poi dovuto stabilire le aree da cui sarebbe possibile effettuare captazioni, ma ancora non lo ha fatto”. Lo spirito dei comitati lo ha tradotto in atto politico Stefano Fassina che, nella sua veste di consigliere capitolino di Sinistra per Roma, ha presentato una mozione in Assemblea capitolina per chiedere alla sindaca Raggi di ritirare il parere positivo del Campidoglio sul potabilizzatore e di spinegere Acea alla riduzione delle perdite della rete del 20 per cento entro cinque anni.

 

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