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RomaCapoccia

Virginia, i pasticci M5s e lo #stadiofattobene

Gianluca De Rosa

Ideologismi, stupidaggini, imbrogli, fallimenti e ora la disperata promessa elettoralistica della Raggi sullo stadio della Roma. Una storia grillina 

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“Siamo pronti, mi auguro che entro Natale saremo in grado di fare un bel regalo ai tifosi della squadra”. La sindaca Virginia Raggi solo una settimana fa aveva promesso alla parte giallorossa della città una bella sorpresa per queste difficili festività pandemiche: il nuovo stadio. Ma la vicenda di Tor di Valle, i romanisti lo hanno ormai capito, funziona un po’ come la tela di Penelope: di giorni si fa, e di notte si disfa.

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“Siamo pronti, mi auguro che entro Natale saremo in grado di fare un bel regalo ai tifosi della squadra”. La sindaca Virginia Raggi solo una settimana fa aveva promesso alla parte giallorossa della città una bella sorpresa per queste difficili festività pandemiche: il nuovo stadio. Ma la vicenda di Tor di Valle, i romanisti lo hanno ormai capito, funziona un po’ come la tela di Penelope: di giorni si fa, e di notte si disfa.

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Ironia della sorte, l’ultimo imprevisto si chiama proprio così, Penelope. Più precisamente Penelope Spv, azienda di recupero crediti che lo scorso ottobre ha scritto attraverso l’avvocato Angela Sapio direttamente al Campidoglio per informare l’amministrazione di un dettaglio non secondario: i terreni dove sorge l’ex ippodromo e su cui dovrebbe essere costruito il futuro stadio sono pignorati, la legale ne è il custode giudiziario.

 

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Nei giorni scorsi Repubblica ha pubblicato la lettera con cui il Campidoglio ha manifestato il proprio sbigottimento all’As Roma e ad Eurnova per non essere stata informata della questione. Il destino dello #stadiofattobene è di nuovo avvolto nell’incertezza. Secondo Repubblica il valore delle ipoteche che gravano su Tor di Valle corrisponde a quello che Eurnova, azienda del costruttore Luca Parnasi, avrebbe dovuto pagare (e ha fatto solo per metà) per acquistare i terreni dal precedente proprietario, la Sais di Gaetano Papalia, 42 milioni di euro. Non poco. La cifra comunque non dovrebbe far saltare la trattativa tra la Cip dell’immobiliarista Radovan Vitek ed Eurnova per l’acquisto dei terreni, un’operazione che eliminerebbe definitivamente Parnasi, rinviato a giudizio per corruzione sulla vicenda stadio.

 

La compravendita rientra in una mega acquisizione con la quale il magnate ceco dovrebbe acquistare il cuore del gruppo Parnasi – le aziende proprietarie di diversi centri commerciali ParsItalia e Capital Dev – per alcune centinaia di milioni. Soldi che andranno a Unicredit per ripianare i giganteschi debiti che il gruppo ha verso la banca. Insomma, di mezzo c’è una maxioperazione finanziaria che può rendere anche 42 milioni di euro un problema non insormontabile. Ipoteche e fallimenti non sono però il solo ostacolo. L’altro problema attualmente è quello della definitiva approvazione in Assemblea capitolina della convenzione, il contratto che legherà l’amministrazione ai proponenti.

 

La giunta capitolina l’ha approvata lo scorso 8 agosto, due giorni primi che Virginia Raggi annunciasse la sua ricandidatura, promettendo di portare in fretta il provvedimento in aula Giulio Cesare. Per adesso però farlo è stato impossibile. La convenzione infatti prevede il coordinamento finanziario e organizzativo per la realizzazione di diverse opere con Regione e Città metropolitana: anche questi due enti devono quindi approvarla. Il Campidoglio però non ha forzato i tempi approvando la convenzione prima di trovare un accordo definitivo con la Regione. E così adesso ci si trova di fronte ad un’impasse: o la Regione approva il testo così come imposto dal Campidoglio o bisogna ripartire daccapo. Un bel pasticcio.

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Si aggiunga poi che lo stadio di Tor di Valle è stato pensato prima della pandemia: 52 mila posti a sedere e sette palazzine di uffici. Potranno davvero essere redditizi nel mondo post Covid? Questa complessa domanda, unita ai continui problemi, avrebbe, secondo alcune indiscrezioni giornalistiche, convinto Dan e Ryan Friedkin, padre e figlio, neoproprietario e neopresidente dell’As Roma, a valutare seriamente delle alternative. Le aree che spuntano fuori sono sempre le stesse. Da Tor Vergata a Fiumicino. Negli ultimi giorni però la principale suggestione è quella dello stadio Flaminio, l’impianto costruito dall’architetto Pier Luigi Nervi per le Olimpiadi del ‘60 in stato d’abbandono dal 2011. Lo stadio, di proprietà di Roma Capitale, è attualmente inagibile.

 

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Solo per rimetterlo a norma servirebbero almeno 20 milioni di euro, molto di più se dovesse davvero essere trasformato nella nuova arena del club giallorosso. Molto meno comunque degli 800 milioni circa previsti per la realizzazione di Tor di Valle. Per il progetto la nuova proprietà avrebbe sondato persino la disponibilità di Renzo Piano, che però difficilmente si farà coinvolgere qualora fiutasse che il progetto è solo un’operazione elettorale orchestrata in zona Campidoglio.

 

L’assessore allo Sport di Roma Capitale Daniele Frongia però dice di non aver avuto per adesso sul Flaminio alcun contatto con l’As Roma, stessa versione fornita dallo staff della sindaca. Mentre a diversi consiglieri capitolini l’ipotesi non dispiace. Dice Enrico Stefàno: “Non so nulla, ma penso che rimettere in funzione uno stadio abbandonato in mezzo alla città sia un’ipotesi almeno da valutare”. Stefàno è invece convinto che su Tor di Valle sia tutto congelato: “Penso si attenda di capire le intenzioni della nuova proprietà”.

 

Un fedelissimo di Virginia Raggi come il presidente della commissione Sport Angelo Diario ammette invece di non conoscere gli ultimi sviluppi: “Io so che l’obiettivo è portare la delibera con la convenzione in aula entro Natale, certo dopo aver letto le ultime notizie anche io comincio ad avere dei dubbi. Virginia ci ha informato passo passo delle novità e per adesso non abbiamo avuto nuove comunicazioni né di conferma né di smentita delle ultime notizie, forse si sta lavorando a superare i nuovi intoppi. Sul Flaminio Diario è scettico: “È un’opzione complicata, mi sembra più semplice superare la questione dei terreni”.

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