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Roma Capoccia

Come funziona (o non funziona) il tampone presso il medico di base

"I test sono pochi, reperirli è complicatissimo persino per lo Spallanzani e dunque dobbiamo dosare le munizioni, capire bene prima il reale fabbisogno”. Parla Pier Luigi Bartoletti, segretario della federazione italiana dei medici di medicina generale della Provincia di Roma

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L’ordine di scuderia è lo stesso in tutta Italia: diminuire – e farlo al più presto – l’afflusso agli ospedali, evitare il sovraccarico delle strutture sanitarie. Lo ha detto chiaro e tondo ieri pomeriggio il direttore generale della Prevenzione del ministero della Salute, Gianni Rezza, durante una conferenza stampa. “Bisogna ridurre il rischio maggiore di questa patologia e cioè quello di ingolfare le strutture ospedaliere, perché quando succede si creano problemi di assistenza anche per le persone affette da altre patologie”. Per farlo un ruolo centrale dovranno giocarlo i medici di base. Da giorni si parla del loro coinvolgimento. In particolare per quanto riguarda l’esecuzione dei tamponi. Il Lazio è stata la prima regione d’Italia a muoversi in questa direzione pubblicando lo scorso 9 ottobre un bando per arruolare i medici di base interessati. Hanno aderito in 311 sui 1.600 che lavorano a Roma. Proprio ieri pomeriggio, in ritardo di un giorno rispetto quanto previsto, allo Spallanzani sono stati consegnati a 11 medici di famiglia i primi macchinari per eseguire i tamponi antigenici con 25 o 50 kit.

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L’ordine di scuderia è lo stesso in tutta Italia: diminuire – e farlo al più presto – l’afflusso agli ospedali, evitare il sovraccarico delle strutture sanitarie. Lo ha detto chiaro e tondo ieri pomeriggio il direttore generale della Prevenzione del ministero della Salute, Gianni Rezza, durante una conferenza stampa. “Bisogna ridurre il rischio maggiore di questa patologia e cioè quello di ingolfare le strutture ospedaliere, perché quando succede si creano problemi di assistenza anche per le persone affette da altre patologie”. Per farlo un ruolo centrale dovranno giocarlo i medici di base. Da giorni si parla del loro coinvolgimento. In particolare per quanto riguarda l’esecuzione dei tamponi. Il Lazio è stata la prima regione d’Italia a muoversi in questa direzione pubblicando lo scorso 9 ottobre un bando per arruolare i medici di base interessati. Hanno aderito in 311 sui 1.600 che lavorano a Roma. Proprio ieri pomeriggio, in ritardo di un giorno rispetto quanto previsto, allo Spallanzani sono stati consegnati a 11 medici di famiglia i primi macchinari per eseguire i tamponi antigenici con 25 o 50 kit.

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“Sono pochi direte voi – dice, anticipando la nostra domanda, Pier Luigi Bartoletti, segretario della federazione italiana dei medici di medicina generale della Provincia di Roma – ma reperirli è complicatissimo persino per lo Spallanzani e dunque dobbiamo dosare le munizioni, capire bene prima il reale fabbisogno”. Altri nove kit saranno consegnati oggi. Uno di questi lo riceverà Michele Lepore, medico di famiglia che lavora in zona Tufello. “C’è un grosso fermento – dice – Per noi è un’occasione unica poter cominciare a fare tamponi, evitare che si creino corsie preferenziali come sta accadendo da quando il sistema di tracciamento è in affanno e aiutare gli ospedali”. Lepore però non nascondi i suoi dubbi. “Come verrà pianificato il numero di tamponi per medico? Con numeri troppo esigui che ci facciamo…”. Per effettuare i test il dottore ha allestito un camper su una piazzola, proprio di fronte al suo studio su via delle Vigne Nuove. Anche perché dentro allo studio molti non erano contenti della sua scelta. “Il bando – racconta – ingannava un po’ perché parlava di tamponi da fare negli studi, tant’è che da me, dove lavorano altri sei colleghi, ho aderito solo io. Loro erano tutti contro, pure un po’ arrabbiati. Quando mi è venuta l’idea di utilizzare il camper, altri quattro hanno deciso di partecipare”. L’esempio del Lazio è stato seguito anche a livello nazionale. E per questo il numero di medici coinvolti dovrebbe aumentare. Un accordo siglato lo scorso 27 ottobre dalla Sisac, la struttura pubblica incaricata del rinnovo dei contratti collettivi dei medici, con i sindacati dei medici di famiglia e recepito due giorni dopo dalla conferenza Stato-Regioni prevede l’obbligo di effettuare i tamponi per tutti i medici di base. Per farlo ne decreto Ristori sono stati stanziati ben 30 milioni che serviranno a fornire 2 milioni di test rapidi antigenici ai medici. Sulla questione è intervenuto ieri pomeriggio anche il ministro della Salute Roberto Speranza: “L’accordo è fondamentale, ha una validità erga omnes e vale per tutto il territorio nazionale Stiamo lavorando insieme al commissario Arcuri, affinché, insieme ai test possano sempre arrivare ai medici anche tutti quei dispositivi di protezione che consentiranno l’esecuzione di questo impegno nella massima sicurezza”. “L’obbligatorietà va intesa così: i medici devono garantire il servizio, ma possono farlo anche delegando un loro collega”, sostiene Bartoletti. Oggi, intanto, scadrà un altro bando della Regione Lazio per raccogliere la disponibilità dei medici di famiglia a effettuare tamponi a domicilio e altri tipologie di esami diagnostici “Potrebbe essere molto utile – dice Lepore – perché chiede anche se si è formati per fare un’ecografia del torace, un eco color doppler e usare il microlab, il pungidito, per avere i parametri ematochimici che sono fondamentali: in caso di visita a un paziente critico permettono di capire quali farmaci è possibile somministrare e quali no. In questo modo – è convinto – noi medici di famiglia potremmo aiutare fattivamente il sistema senza diventare il capro espiatorio di scelte politiche poco tempestive”. (gdr)

 

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