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Roma Capoccia

“Salvini si sbaglia, qui ci vuole un sindaco politico”, ci dice Polverini

Gianluca Roselli

“Nomi non ne faccio, ci mancherebbe. Ma ci vuole una personalità forte, che sia immediatamente riconoscibile da tutti i cittadini romani e, soprattutto, che abbia reali possibilità di vittoria", dice la ex governatrice

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Roma è una città troppo importante, che è stata molto bistrattata negli ultimi anni. Per questo come candidato sindaco del centrodestra ci vuole una personalità politica autorevole, non un esponente della società civile”. Renata Polverini parla con passione, ma anche da donna con esperienza politica e amministrativa. Dopo aver guidato il sindacato di destra Ugl, è stata presidente della Regione Lazio dal 2010 al 2013. Poi è stata eletta deputata per il Pdl e per Forza Italia, rieletta nel 2018. Spesso su posizioni critiche, da tempo conduce una battaglia per il rinnovamento interno del partito berlusconiano insieme a Mara Carfagna e altri forzisti. Da romana e da ex governatrice, parla della sua città con cognizione di causa. Ne conosce ogni anfratto e conosce i problemi. E mentre la coalizione di centrodestra è orientata alla ricerca di un candidato civico (è Matteo Salvini a spingere per presentare persone della società civile in tutte le grandi città al voto in primavera), lei va un’altra volta in controtendenza. Ristabilendo anche a livello locale il primato della politica. “Di solito si ricorre alla società civile quando la situazione è bloccata dai veti incrociati dei partiti. A qual punto la cosa più facile è guardare altrove. Ti può andare bene, ma anche molto male. Ripeto: ci vuole un politico”, sostiene Polverini. 

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Roma è una città troppo importante, che è stata molto bistrattata negli ultimi anni. Per questo come candidato sindaco del centrodestra ci vuole una personalità politica autorevole, non un esponente della società civile”. Renata Polverini parla con passione, ma anche da donna con esperienza politica e amministrativa. Dopo aver guidato il sindacato di destra Ugl, è stata presidente della Regione Lazio dal 2010 al 2013. Poi è stata eletta deputata per il Pdl e per Forza Italia, rieletta nel 2018. Spesso su posizioni critiche, da tempo conduce una battaglia per il rinnovamento interno del partito berlusconiano insieme a Mara Carfagna e altri forzisti. Da romana e da ex governatrice, parla della sua città con cognizione di causa. Ne conosce ogni anfratto e conosce i problemi. E mentre la coalizione di centrodestra è orientata alla ricerca di un candidato civico (è Matteo Salvini a spingere per presentare persone della società civile in tutte le grandi città al voto in primavera), lei va un’altra volta in controtendenza. Ristabilendo anche a livello locale il primato della politica. “Di solito si ricorre alla società civile quando la situazione è bloccata dai veti incrociati dei partiti. A qual punto la cosa più facile è guardare altrove. Ti può andare bene, ma anche molto male. Ripeto: ci vuole un politico”, sostiene Polverini. 

  
Sì, ma chi? “Nomi non ne faccio, ci mancherebbe. Ma ci vuole una personalità forte, che sia immediatamente riconoscibile da tutti i cittadini romani e, soprattutto, che abbia reali possibilità di vittoria. Il candidato va scelto per vincere, non per partecipare. Tu puoi fare tutti i ragionamenti che ti pare, guardare i sondaggi, gli equilibri di coalizione, ma poi alla fine la differenza la fa sempre il candidato”, aggiunge la deputata di Forza Italia. Certo, Salvini prima di parlare di “civici” un nome in testa ce l’aveva: Giorgia Meloni. “Giorgia fa bene a chiamarsi fuori: è una donna che ha conquistato un grande consenso personale (e di partito) e che giustamente vuole giocare la partita nazionale. Rispetto al 2016 per lei la situazione è cambiata”. Gira il nome di Aurelio Regina. “Lo conosco bene e ha grandi qualità, ma faccio fatica a immaginarlo come candidato”, dice Polverini. 

  
Ma con l’ex governatrice, che ha i sensori sempre all’erta nel captare anche i più piccoli segnali del mondo politico, vogliamo parlare anche di quel che accade dall’altra parte della barricata. “I nomi cui pensava Nicola Zingaretti (in primis David Sassoli o Paolo Gentiloni, ndr) sono autorevoli, ma impegnati in altre mansioni importanti. Se Carlo Calenda si fosse mosso in maniera più cauta, secondo logiche di coalizione, avrebbe avuto più chance di essere il candidato del centrosinistra. Questa fuga in avanti, invece, rischia di costarli cara”, osserva Polverini. Poi ci sono i cosiddetti sette nani: Cirinnà, Caudo, Ciaccheri, Zevi, ecc… “Con tutto il rispetto per queste persone, vale lo stesso ragionamento sul centrodestra: per Roma occorre un grande nome. Calenda può avere chance di vittoria, è uno che fa presa sulle persone, ma deve risolvere il suo rapporto con la coalizione e quello con le periferie. Lui nega di essere un “pariolino” — e per me non ci sarebbe nulla di male — ma essere percepito come un candidato troppo elitario, da Ztl, è un handicap”. Il Pd deve anche decidere se cercare a tutti i costi o no l’alleanza coi 5 Stelle. “Bettini fa bene a invocarla, perché stare insieme al governo nazionale e combattersi nelle città ha poco senso politico. Insieme avrebbero più chance di vittoria. E alla fine credo che Virginia Raggi si farebbe da parte: non credo alla sua corsa solitaria”. A proposito di Raggi, come giudica la sua amministrazione? “Credo sia stata la peggior sindaca degli ultimi anni. Io faccio jogging, nelle strade del centro. E ogni volta, a livello di rifiuti e decoro urbano, è sempre peggio. Intendiamoci, governare la Capitale è difficile. Ma Roma non l’ho mai vista in questo stato. La competenza e l’esperienza, come in tutti i lavori, contano”. Dica la verità, se qualcuno facesse il suo nome… “L’opzione non è sul tavolo. Detto questo, sono una donna che fa politica e ama la propria città. Quindi ammetto che impegnarmi non mi dispiacerebbe”.
 

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