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Roma Capoccia

"Ospedali sotto pressione e manca il personale"

Gianluca De Rosa

"C'è carenza di anestesisti e rianimatori". Parla Mario Bosco, responsabile delle terapie intensive Asl Roma 1

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“Tutte le strutture ospedaliere in questo momento sono assolutamente sotto pressione. Il pronto soccorso è il punto dell’ospedale dove si concentrano le maggiori necessità di assistenza, ma tutto il sistema è in difficoltà”. Per l’ultimo dpcm Roma e il Lazio saranno “zona gialla”, eppure Mario Bosco, responsabile dell’Uoc di Anestesia e Rianimazione, le terapie intensive, degli ospedali dell’Asl Roma 1 Santo Spirito e San Filippo Neri (quest’ultimo nosocomio che fa parte delle rete Covid nella Capitale con un’intera palazzina dedicata al virus), dipinge un quadro piuttosto fosco.

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“Tutte le strutture ospedaliere in questo momento sono assolutamente sotto pressione. Il pronto soccorso è il punto dell’ospedale dove si concentrano le maggiori necessità di assistenza, ma tutto il sistema è in difficoltà”. Per l’ultimo dpcm Roma e il Lazio saranno “zona gialla”, eppure Mario Bosco, responsabile dell’Uoc di Anestesia e Rianimazione, le terapie intensive, degli ospedali dell’Asl Roma 1 Santo Spirito e San Filippo Neri (quest’ultimo nosocomio che fa parte delle rete Covid nella Capitale con un’intera palazzina dedicata al virus), dipinge un quadro piuttosto fosco.

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“La situazione – spiega – è in rapido peggioramento. Alle curve esponenziali che vengono mostrate corrisponde un riempimento esponenziale dei reparti e dei letti nei nostri ospedali. Non serve il panico, ma è necessario che i cittadini siano consapevoli e rispettino tutte le cautele prescritte, perché bisogna rallentare in fretta il contagio. Solo così saremo in grado di garantire l’equilibrio tra capacità di assistenza e le persone che hanno bisogno di essere ricoverate”. L’alternativa è ovvia e terribile. E adesso comincia anche a essere visibile. “Nei reparti e nelle terapie intensive – racconta il medico anestesista – la situazione è quella di progressiva saturazione. Per quanto siano stati incrementati i posti letto, a causa della percentuale di pazienti gravi che affluiscono, è evidente che rischiamo in breve tempo di avere una carenza di posti e terapie intensive. Non possiamo dimenticarci che quest’ultime servono anche per i pazienti non Covid. Attualmente oltre il 50 per cento dei posti è riservato a chi ha il coronavirus, persone che mediamente rimangono ricoverate tra le tre e le quattro settimane”.

 

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E le parole di Bosco trovano riscontro nei numeri dell’ultimo bollettino della Regione: 2.317 ricoveri e 200 persone in terapia intensiva. Tassi di riempimento altissimi, considerando che la Regione sta ancora lavorando all’attuazione del potenziamento della rete Covid che – come prescritto dall’ordinanza firmata anche dal ministro Speranza – porterà ad avere entro il 7 novembre 2.381 posti per i ricoveri di malati con il coronavirus e 532 terapie intensive dedicate. I numeri dicono che evidentemente non basteranno. Per questo D’Amato ha garantito che il potenziamento continuerà per arrivare ad avere in tempi rapidi ad avere 6mila posti destinati alla lotta al virus. C’è poi un altro tema. I posti letto si aumentano, i macchinari si comprano, ma il personale? Per il tracciamento si possono arruolare specializzandi e neomedici, ma per i reparti la questione è più complessa. Dice Bosco: “E’ un tema che non riguarda solo Roma, ma tutta Italia. C’è una carenza di anestesisti e di rianimatori e di personale infermieristico addestrato alla terapia intensiva. Attualmente la disponibilità di queste figure professionali è molto, molto limitata e questo chiaramente incide su tutto il sistema. Purtroppo è un problema che non si risolve in un giorno e neppure in un mese”.

 

Anche nei pronto soccorsi romani le file delle ambulanze cominciano a essere unna realtà costante. Nessuna scena come quella immortalata a Torino con le ambulanze incolonnate in mezzo alla strada, ma spesso i pazienti rimangono anche ore in attesa di una visita sulle ambulanze forzosamente bloccate. L’afflusso agli ospedali è panico o necessità? “Sicuramente – dice Bosco – in questi ultimi giorni l’aspetto emotivo ha avuto un suo peso”. Non c’è solo quello però. Le difficoltà dei drive-in a registrare le prenotazioni, i ritardi sugli esiti dei tamponi, i laboratori analisi privati anche questi intasati, i medici di base ancora senza kit, spingono più di qualcuno, preso dal panico, a optare per il pronto soccorso con i mezzi propri o chiamando il 118. “E’ importante – dice Bosco – che molti di questi pazienti non finiscano in pronto soccorso ma vengano intercettati attraverso le attività di tracciamento che devono essere fatte dalla medicina territoriale che, per quanto bene organizzata, è oberata di richieste”.

 

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