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Odo Romani far festa

Cinema, cocktail e Covid

Giuseppe Fantasia

Le perle di saggezza del neoregista Pietro Castellitto e il “lockdown all’italiana” di Vanzina

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L’Italia può frustrarti e alienarti, ma non è che negli altri paesi se la passino poi tanto meglio”, ci dice Pietro Castellitto a colazione in un hotel romano. Arriva una mini boule di insalata con tonno, uova e patate e lui fa: “Ma che stiamo in Alitalia?”. Poco distante una cameriera fa cadere una tazzina che si rompe e il nostro pensiero va al David di Donatello (del produttore Fandango Domenico Procacci) usato ne “I predatori”, il suo esordio alla regia, per rompere un salvadanaio. Ecco, finalmente, spiegato a cosa servono i premi. “Non sopporto l’ignoranza e la cattiveria gratuita di troppa gente che ti giudica senza sapere nulla”, aggiunge il neo regista laureato in Filosofia, “ma soprattutto i mediocri al potere”. Come dargli torto? Ne sa qualcosa Enrico Vanzina, che incontriamo alla prima stampa del suo “Lockdown all’italiana” con l’ad di Medusa Giampaolo Letta. Alle critiche gratuite reagisce muovendo la sua folta chioma color 50 sfumature di grigio ribadendo che il diritto alla commedia “è sacrosanto”.

 

Sarebbe meglio tentare di essere felici, diceva Prévert, non fosse altro che per dare l’esempio. Ce lo da’ e ci rende tali Mario Farulla, il gladiatore dei cocktail, padrone di casa al The Lobby Bar dell’Hotel Chapter, un posto speciale dove (cercare di) distrarsi bevendo un Martini o uno scotch&soda ammirando opere di Warios, Cyrcle, Alice Pasquini e Willy Verginer. Splendido davvero lo Studio 33, un think tank creativo/musicale creato da Ana Gugić. Siamo a Trastevere, ma per un attimo ci crediamo a Bel Air: sarà la febbre (purtroppo non da sabato sera) che è nell’aria, saranno i diversi libri fotografici che sfogliamo, le luci, la musica, i capolavori di Oswalds Mill Audio – i diffusori che tutti vorrebbero – o forse tutto questo mix insieme, chissà. Quel che resta è una frase che portiamo con noi: music is an event not the wallpaper.

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