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Roma Capoccia

Approvato l’aumento della Tari, Ama al tracollo. Valeriani: “Va data ad Acea”

Gianluca De Rosa

Nonostante le promesse della sindaca Raggi la tariffa è aumentata a 791 milioni. L'assessore regionale ai rifiuti apre agli impianti e a una newco tra le due aziende

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Roma. Tari in aumento e cassonetti che tornano sulle strade al posto dei bidoncini della tanto agognata raccolta differenziata porta a porta. La gestione dei rifiuti urbani continua a essere il principale problema a cui Virginia Raggi non ha trovato una risposta. E non solo per i continui cambi ai vertici di Ama e all’assessorato lasciato per quasi due anni senza guida (è stata recentemente nominata nuovo assessore Katia Ziantoni, grillina che già copriva lo stesso ruolo nel VI municipio, quello di Tor Bella Monaca). La stessa schizofrenia per dolorosa e inevitabile conseguenza riguarda anche le scelte, le decisioni e i progetti dei vertici aziendali e dell’amministrazione capitolina. “Non aumenteremo mai la tariffa”, avevano promesso per mesi Virginia Raggi e l’assessore al Bilancio Gianni Lemmetti. E invece, il costo della gestione, che per legge deve essere coperto dalla Tari, quest’anno è aumentato di poco più del 4 per cento. Colpa del nuovo metodo di calcolo previsto da Arera (l’autorità indipendente del settore), spiegava ieri Lemmetti. Fatto sta che nonostante le detrazioni previste dall’autorità per quest’anno la tariffa, da dividere tra cittadini e negozi, sale a 791 milioni. Anche se, bisogna dirlo, ci sono 35 milioni per sgravi alle aziende rimaste chiuse con il lockdown e per le famiglie in maggiore difficoltà (con sconti fino al 20 per cento della quota variabile della tariffa). E’ bene ricordare poi che per approvare la delibera si è atteso davvero l’ultimo momento, il limite legale era fissato a ieri.

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Roma. Tari in aumento e cassonetti che tornano sulle strade al posto dei bidoncini della tanto agognata raccolta differenziata porta a porta. La gestione dei rifiuti urbani continua a essere il principale problema a cui Virginia Raggi non ha trovato una risposta. E non solo per i continui cambi ai vertici di Ama e all’assessorato lasciato per quasi due anni senza guida (è stata recentemente nominata nuovo assessore Katia Ziantoni, grillina che già copriva lo stesso ruolo nel VI municipio, quello di Tor Bella Monaca). La stessa schizofrenia per dolorosa e inevitabile conseguenza riguarda anche le scelte, le decisioni e i progetti dei vertici aziendali e dell’amministrazione capitolina. “Non aumenteremo mai la tariffa”, avevano promesso per mesi Virginia Raggi e l’assessore al Bilancio Gianni Lemmetti. E invece, il costo della gestione, che per legge deve essere coperto dalla Tari, quest’anno è aumentato di poco più del 4 per cento. Colpa del nuovo metodo di calcolo previsto da Arera (l’autorità indipendente del settore), spiegava ieri Lemmetti. Fatto sta che nonostante le detrazioni previste dall’autorità per quest’anno la tariffa, da dividere tra cittadini e negozi, sale a 791 milioni. Anche se, bisogna dirlo, ci sono 35 milioni per sgravi alle aziende rimaste chiuse con il lockdown e per le famiglie in maggiore difficoltà (con sconti fino al 20 per cento della quota variabile della tariffa). E’ bene ricordare poi che per approvare la delibera si è atteso davvero l’ultimo momento, il limite legale era fissato a ieri.

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L’assemblea capitolina ha licenziato il documento, approvato 8 giorni prima dalla giunta, dopo una lunga maratona d’Aula e dopo che per due volte la maggioranza pentastellata non era riuscita a garantire il numero legale, stoppando i lavori. E a proposito di schizofrenia decisionale, che dire dei cassonnetti, che a discapito delle promesse della maggioranza grillina, tornano in strada a Colli Aniene? “Stiamo tornando indietro perché Asl e sindacati hanno detto che in determinati ambiti territoriali quel servizio non può essere svolto se non con rischi per la salute dei lavoratori”, sosteneva ieri poco convinto e poco convincente Marcello Bronzetti, responsabile Risorse umane di Ama, mandato ieri al posto dell’Au Stefano Zaghis, a un complicato incontro con sindacati e politici del centrosinistra organizzato dalla Fp Cgil nella sala conferenze della Luiss Enlabs. Il segnale delle promesse mancate. Bronzetti ieri ha dato comunque alcune notizie di un certo rilievo. “Nella prima decade di ottobre Ama approverà i bilanci 2017, 2018, 2019 e il piano di risanamento che contiene il piano industriale e non prevede alcune esubero, solo degli incentivi all’esodo a cui seguiranno le nuove assunzioni”.

 

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La palla passerà poi al socio unico dell’azienda, il Campidoglio, che dovrà dare il via libera definitivo. La questione si trascina da anni (ed è, in estrema sintesi, l’origine della rottura tra amministrazione e management che si sono susseguiti). Ora, dopo l’indagine sui conti della Procura di Roma, Ama e Campidoglio stanno cercando di accordarsi su tutte le partite creditorie incrociate. I consuntivi 2017 e 2018 saranno sicuramente in perdita per la svalutazione del centro carni e dell’incendiato Tmb Salario, non si sa il 2019. Quel che è certo è che Ama andrà sotto i limiti legali di patrimonio netto e sarà dunque necessaria una ricapitalizzazione.

 

Intervenendo alla conferenza il consigliere comunale e deputato di Leu Stefano Fassina ha ribadito la sua teoria: “Il Campidoglio sta inducendo Ama al fallimento”. Secondo Fassina l’obiettivo sarebbe quello di cedere ad Acea la parte ricca della gestione dei rifiuti, il trattamento, l’impiantistica di cui Ama in questi anni non si è dotata. Un’ipotesi che in realtà nessuno avversa apertamente. Durante l’incontro l’assessore ai Rifiuti della Regione Massimiliano Valeriani spiegava: “Basta demonizzare gli impianti: vanno realizzati pubblici, puliti e utili, ma va fatto subito. Duecento milioni di euro (la stima dell’extracosto per trattare i rifiuti fuori regione ndr) sono un’offesa ai cittadini che con i loro soldi coprono la tariffa”. Quindi l’apertura: “Lo dico senza paura: secondo me a questo punto è utile realizzare una newco tra Acea ed Ama: sta nelle cose che si mettano a sistema due aziende con focus diversi ma che possono costruire sul tema dei rifiuti una sinergia importante, ma non non può essere un soggetto in cui Ama porta solo manodopera”. Il presidente del III municipio Giovanni Caudo ha rilanciato: “A Roma non c’è solo Ama. Il governo si affianchi al piano industriale: Roma può vivere della sua ‘monnezza’. La sua cosa peggiore oggi potrebbe essere una grande risorsa. Mettiamo attorno a un tavolo Ama, Acea, Eni ed Enea per trovare un’ipotesi industriale per i rifiuti”.

 

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