C'è un altro virus serio: la balla di Raggi (e Grillo) sui rifiuti
Previsioni da letteratura fantascientifica, appalti bislacchi, calcoli elementari sbagliati. Una storia che ha dell’incredibile
Roma. Nulla in Campidoglio ha deluso, diviso e frustrato come i rifiuti. Per il M5s il simbolo di un’imperdonabile disfatta. E nel gigantesco fallimento della gestione del ciclo della monnezza nella Roma di Virginia Raggi un posto d’onore spetta senza dubbio alla raccolta differenziata delle utenze non domestiche. Parliamo del servizio porta a porta in bar, ristoranti e uffici che Ama ha attivato nel 2018 affidandolo, in 16 lotti (circa uno per municipio), a diverse aziende. Il bando per l’affidamento fu presentato dall’allora presidente e amministratore delegato di Ama Lorenzo Bagnacani come un pilastro della strategia della municipalizzata per raggiungere il pazzesco e poco credibile obiettivo del 70 per cento di differenziata entro il 2021: il porta a porta delle utenze non domestiche veniva ampliato da 20 a 80 mila utenze. Sul blog di Beppe Grillo si sciorinavano numeri incredibili: 100 mila tonnellate di differenziata in più ogni anno, più 10 per cento ogni 12 mesi fino, all’agognato 70 per cento. Inutile dirlo, la storia è andata in tutta un’altra maniera. Disservizi, spazzatura non raccolta per giorni che finiva a ingrossare quella già strabordante nei cassonetti normali, commercianti infuriati, oltre 60 mila reclami, penali per più di un milione di euro, denunce in Procura, e, adesso, anche licenziamenti (non i primi a dir la verità). L’affidamento della maggior parte dei lotti, infatti, dopo 18 mesi è scaduto. Ma dato che Ama non ha ancora preparato la nuova gara e a ancora non sono esauriti i 158 milioni stanziati per l’appalto, è stata chiesta una proroga alle imprese che svolgono il servizio per permettere alla municipalizzata di redigere il nuovo capitolato e assegnare l’appalto.
C’è però un grosso problema. Roma Multiservizi (società per il 55 per cento di Ama) e altre due imprese a lei associate che insieme gestiscono ben cinque lotti (in centro e nei municipi III, V, X e XIV), hanno deciso di non acconsentire alla richiesta: non prorogare e, di conseguenza, licenziare 200 dipendenti, rischiando di bloccare un servizio pubblico essenziale. Come mai una scelta così drastica? La vicenda, qui, assume toni allucinanti. “A queste condizioni per noi questo appalto non è economicamente sostenibile – spiega l’ad di Roma Multiservizi, Rossana Trenti – progettualmente erano previste 80 mila utenze e invece ce ne sono 58 mila. Noi siamo pagati sul numero delle utenze servite: con meno negozi dove raccogliere l’immondizia il nostro piano economico-finanziario non regge, è completamente sballato e continuiamo a perdere soldi ogni giorno”.
Sembra incredibile, ma la vicenda è proprio in questi termini: nel “rivoluzionario” capitolato d’appalto Ama ha indicato 80 mila utenze da servire, ma ne esistevano in realtà solo 58 mila. Un dato sovrastimato perché il database di Ama era contaminato da utenze ripetute, per la presenza di due o più ingressi o semplicemente per errore. Una storia assurda complicata anche dalla mancanza di know how nel settore di Multiservizi e delle altre aziende consociate – a differenza delle imprese che hanno vinto gli altri lotti – nel settore della raccolta dei rifiuti in bar e ristoranti, che ora vorrebbero tirarsi indietro. Anche se Ama non ha attualmente alcuna alternativa per raccogliere i rifiuti nelle zone oggi servite da quel consorzio di aziende. E i sindacati, inevitabilmente, annunciano battaglia. Per Giancarlo Cenciarelli, segretario generale della Fp Cgil Roma e Lazio: “Ama, visti tutti i disservizi e gli errori commessi nel vecchio appalto, avrebbe dovuto fare di tutto per non arrivare alla scadenza dell’appalto: il prolungamento era da evitare”. “Ora però – aggiunge – Roma Multiservizi non può tirarsi indietro e usare i lavoratori come arma di ricatto. Il Campidoglio deve trovare una soluzione celere. Altrimenti metteremo in campo tutti gli strumenti di mobilitazione possibili, siamo pronti”.
Dopo il concorso, il nulla?