Nicola Zingaretti (foto LaPresse)

Sulla mozione di sfiducia a Zingaretti i 5 stelle si sdoppiano

Marianna Rizzini

Le trattative per un assessorato, lo stop di Roberta Lombardi

Roma. Il buongiorno non si era visto dal mattino, all’indomani delle elezioni regionali nel Lazio: il governatore Nicola Zingaretti, infatti, pur avendo vinto la competizione con la Cinque stelle Roberta Lombardi (in controtendenza con il Pd nazionale), si era trovato senza maggioranza in Aula, motivo per cui alla Regione si era potuto vedere, in atto, il dialogo Pd-Cinque Stelle fallito in potenza nei Parlamenti 2013 e 2018. Ma quella maggioranza periclitante sembra presentare già ora un mezzo conto: il centrodestra ha infatti annunciato una mozione di sfiducia (che dovrà essere calendarizzata oggi) firmata da 12 consiglieri di Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia – quasi tutto il centrodestra, a parte Enrico Cavallari (ex Lega), Pino Cangemi (ex Forza Italia) e l’indipendente Sergio Pirozzi.

 

Ma se dal centrodestra si era inizialmente pensato che la manovra potesse costringere i Cinque Stelle a uscire dall’ambiguità sul sostegno di fatto alla maggioranza Pd anche detta “anatra zoppa”, la prima reazione di Roberta Lombardi, ex avversaria di Zingaretti ma anche capo dell’opposizione grillina che con Zingaretti ha avviato un dialogo “sui temi”, ha messo a soqquadro alcune certezze: non appena il centrodestra ha annunciato la mozione, l’ex candidata m5s alla presidenza della Regione si è “accodata”, ha scritto il Messaggero (e ieri Lombardi ribadiva al Foglio: “Ci saremo anche noi a votare la mozione di sfiducia”).

 

Intanto però si scatenava, nell’ala grillina meno propensa ad aiutare indirettamente la Lega in espansione a Roma – partito con cui invece nel paese si governa – una reazione sotterranea uguale e contraria di rinforzo a se stessi e a Zingaretti, anche candidato al congresso del Pd, con l’intento di favorire un rimpasto con ingresso in giunta dei Cinque stelle, idea che ufficiosamente continua a circolare, seppure non confermata da nessuna delle parti (Lombardi, interpellata, dice: “Non è un’ipotesi sul tavolo”). E però i colloqui tra Pd e M5s sono proseguiti – con offerte e richieste riservate ma dirette, a proposito del futuro assessorato all’Agricoltura – dalle parti della consigliera regionale grillina Gaia Pernarella.

 

E ieri a un certo punto è spuntata anche l’ipotesi gattopardesca che potrebbe cambiare il quadro senza cambiare nulla, salvando intanto la compattezza del gruppo grillino: presentare una mozione di sfiducia a Cinque Stelle oltre a quella del centrodestra, e scongiurare così la saldatura con i neosalviniani, risultando nel contempo coerenti con la parte di elettori ed eletti non entusiasti del dialogo con il Pd. Zingaretti, in caso di doppia mozione, non sarebbe in pericolo. Motivo per cui (vedi intervista a Pietro Calabrese, qui a destra), l’ala raggiana del M5s avverte: bisogna votare la sfiducia a Zingaretti con la destra.

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  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.