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Roma e il mistero di tutte quelle strade lasciate al buio di notte

Gianluca Roselli

Vandalismo, furti di rame, ma soprattutto una rete elettrica fatiscente. In arrivo investimenti. Ecco cosa ci rivela Acea

Roma. Capita a Roma, la notte, di imbattersi in strade completamente al buio. Con i lampioni spenti. Non solo singole vie, ma interi quadranti di città. Pezzi di quartiere. Tanto che viene da pensare a un blackout della zona. Le luci nelle case, però, sono accese. E’ un problema, dunque, di illuminazione pubblica. E sul banco degli imputati finisce Acea, l’azienda partecipata dal Comune (51 per cento) che si occupa della gestione dell’illuminazione e della rete idrica della città. Cui il Campidoglio dà una cinquantina di milioni l’anno per la conduzione di energia e la manutenzione dei lampioni. Sul fenomeno aleggia anche una leggenda metropolitana: Acea spegne i lampioni a rotazione per risparmiare. Chiacchiere da bar, di quelle che però nella Capitale acquisiscono solidità nel pettegolezzo quotidiano.

 

Il problema è serio. Ci sono pezzi di città che di notte restano al buio per intere settimane, tra le proteste dei cittadini, dei comitati civici, dei municipi, fino ai consiglieri comunali. Con tutti i problemi che ciò comporta: dalla viabilità alla sicurezza (maggior rischio di furti e aggressioni) fino al rischio di inciampare mentre si cammina.

 

La scorsa estate il fenomeno ha riguardato le zone più disparate, dal centro alla periferia, perché il buio romano, come la livella di Totò, non guarda in faccia a nessuno, non vuole sapere la categoria sociale, né importa l’importanza urbanistica del quartiere in cui si vive. Parioli o Torpignattara pari sono. Ma i problemi d’illuminazione sono diventati anche una sorta di metafora della mala amministrazione pentastellata. Le strade sono al buio perché la città è buia, condannata al degrado, senza luce in fondo al tunnel.

 

Sembrano lontani anche solo gli anni in cui la giunta di Gianni Alemanno aveva varato il Piano Luce (Dux mea lux avrebbe detto l’ex sindaco in gioventù), con la sostituzione di 52.964 lampioni. Che, però, a Roma sono quasi il quadruplo. I problemi, par di capire, sono di tre tipi: una rete molto vecchia, una manutenzione faticosa, mancata potatura degli alberi. Sì perché, nel degrado generale, un tema si mescola all’altro. “Gli alberi non potati crescono a dismisura andando a coprire la luce. Ci è capitato molte volte di segnalare episodi di questo tipo. Ma è un problema del Campidoglio”, spiega Andrea Torquati, capogruppo del Pd al Municipio XV.

 

Sentiamola, dunque, Acea. “Il nuovo management arrivato a giugno 2017 (l’ad è Sergio Donnarumma, ndr) ha trovato una rete antiquata, che spesso va in sovraccarico e si guasta. Noi interveniamo subito, ma a volte sono dei necessari tempi tecnici d’intervento anche di alcuni giorni”, spiega l’ingegner Alberto Scarlatti, responsabile illuminazione pubblica di Acea. “Quindi non spegnete i lampioni a rotazione per risparmiare…?”. “Assolutamente no. Spendiamo 58 milioni all’anno tra energia erogata e manutenzione su una rete che va riammodernata. Scontrandoci oltretutto con atti criminogeni come i vandalismi contro le centraline e i furti di rame”, aggiunge l’ingegnere. Negli ultimi 8 mesi l’azienda ha presentato 600 denunce alla magistratura per danneggiamenti alle centraline che hanno il compito di segnalare i guasti. Ora, però, anche Acea ha il suo piano: da metà 2018 (e fino al 2020) si sta procedendo alla sostituzione di 4.000 centraline e di 180 mila punti luce con lampioni più moderni, dotati di 224 mila nuove lampade con led a basso consumo e telecamere. Costo previsto: 170-200 milioni. Del piano facevano parte anche le luci al led “fredde” che, nel centro storico, hanno scatenato polemiche perché non adatte a illuminare le bellezze della città. Ora si sta procedendo a sostituirle con lampioni “in stile Roma”, con luci più calde. Ma questa è un’altra storia.

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