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La photo opportunity di Virginia Raggi

Marianna Rizzini

Il sindaco di Roma s’intesta la sinergia pubblico-privato al Mausoleo di Augusto. Ma sui musei…

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La foto già parla: è una giornata d’inizio maggio e il sindaco Virginia Raggi, con elmetto in testa, sorride. Sorride anche l’assessore alla Cultura Luca Bergamo, sempre con elmetto. Si trovano davanti al Mausoleo di Augusto, da settant’anni in stato di degrado e da oggi in fase restauro grazie alla cosiddetta “sinergia” tra pubblico (Roma Capitale) e privato (Fondazione Tim – con donazione di sei milioni di euro tra prima tranche, stanziata sotto Ignazio Marino, e seconda tranche). E il sindaco a un certo punto parla: “… Oggi presentiamo al mondo non solo il restauro di un’opera importantissima, ma l’inaugurazione di un nuovo modo di collaborare tra istituzioni e privati che sta dando frutti estremamente interessanti e innovativi”.

 

Ci sono in effetti, a Roma, dei precedenti: la Fontana di Trevi, restaurata grazie alla collaborazione con Fendi come il restauro della scalinata del Colosseo Quadrato all’Eur, e il Colosseo quello vero, restaurato grazie alla collaborazione con Tod’s (“è una bella giornata per Roma, per il Colosseo e per l’Italia”, aveva detto nell’estate 2016 il ministro dei Beni Culturali Dario Franceschini, che aveva anche sottolineato come il restauro fosse stato fatto “con fondi privati dopo anni di sciocche barriere tra pubblico e privato”). Anche l’allora premier Matteo Renzi aveva sottolineato “l’importanza” della “collaborazione pubblico-privato”, cosa che avrebbe permesso di “dare un segnale strepitoso al mondo”. E sentir parlare oggi Raggi come ieri Renzi fa non soltanto una certa impressione, considerato anche il fatto che non Raggi, ma Marino, aveva messo in cantiere la collaborazione con la Fondazione Tim – e dunque di luce riflessa risplende l’avvio della “grande opera” non più destinata all’oblìo tra le erbacce a due passi dall’Ara Pacis.

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Fa anche pensare, la foto in cui Raggi sorride all’entente cordiale pubblico-privato, ché Bergamo è l’assessore che non sembra sposare la linea Franceschini sui musei. Non di ricerca di nomi internazionali con bando internazionale s’è parlato infatti ultimamente riguardo al Macro, museo d’arte contemporanea in Via Nizza già sotto Marino senza direttore per molti mesi, ma di eventuale trasloco di direttore dal museo “off” Maam, anche detto “Museo dell’Altro e dell’Altrove di Metropoliz_città meticcia”, nome d’arte per l’ex fabbrica occupata sulla Prenestina, al cui vertice siede (per nomina autarchica) Giorgio De Finis, antropologo e videomaker. Profilo che incarna la filosofia-Bergamo (portare la periferia in centro) ma non certo la linea-Franceschini.

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