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Tre pecette per Raggi

Chi sono (e cosa fanno a Roma) Alfonso Bonafede, Riccardo Fraccaro e Danilo Toninelli

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In principio fu Virginia Raggi, sindaca a Cinque Stelle presentata come forza antropologicamente superiore di “società civile”. Erano giorni primaverili di campagna elettorale e Raggi, non ancora eletta ma già vincitrice di una sotterranea quanto truculenta lotta da “Idi di marzo” (film di e con George Clooney sulle primarie americane), si aggirava in blusa bianca, giacca nera e scarpe mezzo tacco – sua divisa – con l’aria di chi è “persona perbene&per tutti”, aspirante icona per il cittadino scontento ma non necessariamente indignato di brutto e alla grillina. Ma una volta ottenuta Roma in pegno, con la mondezza incombente anche in senso metaforico, non ci si poteva permettere, nel M5s, l’annacquamento stilistico-retorico (politico?) della sindaca “perbene&per tutti” che, a due settimane dall’elezione, non si sapeva già più quanto fosse in linea con l’ortodossia. Servivano due specchi per l’elettore impaziente, in non stabile luna di miele: ecco Paola Taverna e Roberta Lombardi, una senatrice, l’altra deputata, caterpillar del mini-direttorio e portatrici di una romanità sbraitante nel senso del “non te lo mando a dire” (Taverna anche via stornello).

Solo che poi è arrivata l’estate, e con l’estate, l’autunno e il primo inverno sono arrivati i guai: la giunta impossibile, il caso Muraro, le dimissioni di assessori e capi delle municipalizzate, l’addio di Lombardi e Taverna al mini-direttorio, il caso Marra, l’avviso di garanzia al sindaco che si profila. Tocca metterci “’na pecetta”, come si dice a Roma. E il duo Grillo-Casaleggio junior ce ne ha messe addirittura tre: tre pecette, tre simil-Luigi Di Maio (nel senso del Cinque Stelle che non deve mai sembrare troppo a Cinque Stelle, pur propagandando ovunque il breviario a Cinque Stelle). Tre pecette per rendere ancora presentabile agli occhi ciò che si deve nascondere al cuore nel periclitante castello capitolino. E oplà, sulla scena-Raggi arrivano tre non romani, parlamentari, nuovamente “perbene&per tutti”. Ecco Alfonso Bonafede, avvocato toscano che nel 2009 aveva sfidato Renzi nella corsa a sindaco di Firenze, ottenendo circa l’1,9 per cento (è l’avvocato informale degli M5s). Ecco Riccardo Fraccaro, trentino pasdaran della lotta contro gli affitti d’oro e contro la rielezione di Napolitano. Ed ecco, a un livello subliminale (c’è, ma non si deve vedere) Danilo Toninelli, primo della classe di M5s per i dibattiti sulla legge elettorale. Lo si vede su Ponte Garibaldi al mattino, con l’auricolare e gli inconfondibili occhiali vintage. E il gioco di ruolo ricomincia.

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