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Ripa del Naviglio

L’ora più primula

Maurizio Crippa

Perché Moratti dovrebbe lasciare le polemiche e concentrarsi su quel che sa fare: trovare gli hub per la fase 2

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Non ne usciremo migliori, no. Ma non è detto che ne usciremo neppure sani. Fin dal giorno del “paziente 1” di Codogno la guerra al Covid in Lombardia è stata anche una guerra tra la Lombardia, intesa regione, e il governo nazionale con i suoi comitati, commissari, Istituti nazionali. Fino alla polemica (tutt’altro che conclusa: o si spegnerà da sola o un giorno arriveranno le carte bollate) sui dati (mandati errati) dalla regione e sull’algoritmo che probabilmente va rivisto. Ora per una volta Lombardia e governo sembrano schierati dalla stessa parte: solo che è la volta sbagliata. Ieri in audizione alla commissione Sanità, l’assessore al Welfare Letizia Moratti, parlando della crisi dei vaccini, si è schierata col governo con Pfizer: sulla fornitura si poteva fare “un contratto migliore”, ha detto, ma “quello che il governo pensa di fare è tutelarsi attraverso azioni giudiziarie per la mancata consegna. E’ un percorso condiviso con la conferenza Stato-regioni, noi naturalmente la sosteniamo”.  Che nel frattempo il governo, su Pfizer, sia un tantino in difficoltà nell’imbastire la causa legale, è un dettaglio.

 

L’impressione politica, anche in questo caso, è che in questa fase iniziale del suo mandato Moratti tenda a far proprie strategie polemico-rivendicative tipiche dell’èra Gallera e che non hanno portato a nulla di buono finora. Forse dovrebbe, anche grazie al suo prestigio di “manager prestata alla politica”, di sostenitrice della competenza come fattore decisivo, distanziarsi un po’ dalle polemiche politiche del day-by-day che spesso servono a coprire le magagne e i piani che non funzionano. Ha già fatto un paio di scivoloni comunicativi, sul famoso pil e sulla zona rossa, il rischio è che in questo modo finisca per ridursi a fare il parafulmine di Palazzo Lombardia. E non è nel suo stile, e non è quello che ci si aspetta da lei. Decisamente meglio, infatti, Letizia Moratti fa non appena si riporta sul suo terreno preferito, quella del fare, dell’organizzare, del provare a mettere in fila i numeri (esercizio, quest’ultimo, che nella caotica gestione dell’emergenza pandemica da parte della Giunta regionale e dei suoi apparati è risultato essere praticamente impossibile). Mercoledì, ad esempio, l’assessore ha presentato i primi dati parziali sulla campagna vaccinale. Viste le attuali condizioni di consegna delle dosi, ha detto, in Lombardia la fase 1 dovrebbe essere conclusa entro il 5 marzo, per poi procedere col la fase 1 bis (che prevede l’immunizzazione di alte categorie deboli o essenziali: la residenzialità psichiatrica, l’assistenza domiciliare e i loro operatori, i centri diurni, i farmacisti, odontoiatri, Sanità militare, polizia di stato, ambulatori accreditati, i medici liberi professionisti ecc.) che dovrebbe concludersi entro il 25-26 marzo.

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Per ora la Lombardia ha utilizzato circa l’80 per cento delle dosi consegnatele altre sono state accantonate per le famose scorte della seconda dose. Non siamo in stato avanzatissimo, ma oggettivamente nemmeno indietro, anche rispetto a quanto avviene all’estero. Conviene concentrasi più su questo, che sulle polemiche. Perché le vere difficoltà, su cui concentrarsi subito, verranno con la fase “di massa” che secondo il piano del commissario Arcuri, cui Letizia Moratti si aggrappa con un po’ di scaramanzia, dovrebbe scattare da fine marzo. Consegna delle dosi permettendo, ovviamente. E anche, problema non secondario, avendo a disposizione gli hub vaccinali necessari per una regione da 10 milioni di abitanti. Quello che si intuisce ora, e Moratti senz’altro già sa, è che i noti “primuloni” di Arcuri potrebbero non essere pronti né sufficienti. E infatti l’assessore al Welfare sta muovendosi di conseguenza, provando a coinvolgere anche i privati. Per prima cosa, sta lavorando d’intesa coi sindaci per individuare gli hub, poi, “per la fase 2 ci saranno anche strutture private che hanno dato la disponibilità come centri vaccinali: è stato chiesto e alcuni hanno già dato disponibilità”. Tra i privati che a Milano si sono fatti avanti, c’è ad esempio la catena Uci Cinemas, che ha molte sale distribuite in zone strategiche intorno alla metropoli. In altri paesi già si fa. Meglio prevenire, che aspettare le primule di primavera.

 

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