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preghiera

Diffidate delle serate langoniane

Camillo Langone

Dalle foto che vedo su Instagram non mancano mai carne rossa e vino rosso. Semplicistico. Come se fossi la versione locale di Jack Nicholson, l’attore che disse: “Io credo nella carne rossa, nel vino e nelle donne”. E ci mancherebbe: ma quale carne? E quale vino?

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Che almeno le organizzino bene, le serate langoniane che giovani discepoli organizzano, chiamandole proprio così, in Emilia. Altrimenti la lusinga diventa sconforto. Dalle foto che vedo su Instagram non mancano mai carne rossa e vino rosso. Semplicistico. Come se fossi la versione locale di Jack Nicholson, l’attore che disse: “Io credo nella carne rossa, nel vino e nelle donne”. E ci mancherebbe: ma quale carne? E quale vino? (Quali donne un’altra volta). La carne a volte ha sembianze di fiorentina, senza che ci si trovi in Toscana. Oppure di tagliata, il segnacolo della ristorazione commerciale, piatto senza luogo e senza cultura, minimo sindacale per carnivori sciatti. Servita magari su un letto di foglie appassite, insalata per capre di bocca buona.

L’immancabile bicchiere sullo sfondo sembrerebbe contenere vino fermo: perché vino fermo in Emilia? Non capisco. Non siamo in Toscana e nemmeno in Romagna, in Emilia il vino deve muoversi e se non si muove vuol dire che è morto. Perché bere vino morto? L’ultima volta c’era anche la foto di un primo: gnocchetti? Gnocchetti! Ho diffidato il discepolo di collegare il mio nome a questo o ad altri diminutivi/vezzeggiativi quali pennette, lasagnette... Non è difficile, basta porsi la seguente domanda prima dell’arrivo del cameriere: sto per fare un’ordinazione virile?

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