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Preghiera

La moka è una cerimonia in miniatura, e la stiamo dimenticando

Camillo Langone

Col tempo possedere una caffettiera sta diventando sempre più raro che avere una macchinetta a cialde. Ci sono molti motivi per cui auspicare un ritorno dello strumento meccanico e romantico a scapito di quello freddo ed elettrico, ma non li capiamo

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Ama ciò che è raro, mi insegnò Patrick Leigh Fermor, e io sempre più amo la sempre più rara moka, declinata per colpa delle macchine da caffè. Immagino che le caffettiere siano diminuite perché sono diminuite le persone indipendenti: la macchina impone, con la cialda, un quantitativo di macinato fisso (con la moka un poco puoi giostrare). Perché sono calati gli esteti: io ho varie Bialetti, forma perfetta e italianissima icona dal 1933, mentre le macchine hanno stili transeunti, nessuna durerà novant’anni. Gli insofferenti a spine e cavi: il fornello ce l’hai già mentre una macchina elettrica significa un cavo in più che ostacola in cucina. Gli amanti dei riti: con la moka il caffè è una cerimonia in miniatura, c’è il riempimento, l’avvitamento, l’accensione del gas, l’attesa, la piccola felicità della fuoriuscita... Gli appassionati di tazzine: la macchina conduce al bicchierino solitario mentre la moka suggerisce il servizio di porcellana. A favore dell’Omino coi Baffi esistono anche argomenti democratici (economicità e sostenibilità, mi dicono) che non sarò certo io a sottolineare. Un eventuale ritorno alla moka mi costringerebbe snobisticamente a comprare la napoletana, semiestinta, difficile da usare, ma non credo ci sia questo rischio: le ricerche segnalano che l’intelligenza è in calo, non in crescita.

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