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Preghiera

Liberato e il canto misterioso e napoletano all'amore

Camillo Langone

È tenebroso, mi riporta alla Napoli dark che scoprii grazie alle fotografie di Mimmo Jodice e ai primi film di Mario Martone

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Perché scrivere di concerti negli stadi e nei circhi, roba da plebi, quando si può scrivere di un concerto romanticissimo sul mare? Non di un concerto vicino al mare, tipo Jovanotti, ma di un concerto sopra il mare, su piattaforma galleggiante: quello di Liberato l’altra sera di fronte a Procida.

 

Liberato è un giovane cantante napoletano, napoletanissimo, e misteriosissimo: non si sa chi realmente sia, canta incappucciato.

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Liberato è tenebroso, mi riporta alla Napoli dark che scoprii grazie alle fotografie di Mimmo Jodice e ai primi film di Mario Martone...

 

Liberato canta in napoletano stretto, io senza testi davanti lo capisco poco e forse non lo capiscono del tutto nemmeno i napoletani di Posillipo (no, non è colonna sonora per la “bella giornata” di La Capria).

  

Liberato canta ossessivamente di amore anzi d’ammore, e non mi interesserebbe se non testimoniasse la vitalità di una cultura napoletana originale che non posso non contrapporre alla subcultura musicale pugliese, turistica e derivativa (Alessandra Amoroso, Emma Marrone, Negramaro, Boomdabash...).

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Poi nei suoi testi ho percepito, mescolati al gergo odierno, Salvatore Di Giacomo, E. A. Mario, Peppino Di Capri (“Tu si ‘na malatia”) e perfino un concetto di La Rochefoucauld...

  

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Viene voglia di cantare anche a me: “Guagliuncella napulitana / te tuccasse pe n’ora sana”.
 

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