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Meglio della Sangiovesa in Romagna non c'è. Punto

Camillo Langone

Quando tesso le lodi del tempio della cucina romagnola vengo molestato dai "Sì, ma...". Chi osa contraddirmi sia condannato a mangiare fritto fradicio di limone

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Quando affermo che la Sangiovesa (l’Osteria Sangiovesa di Santarcangelo di Romagna) è il tempio della cucina romagnola vengo molestato dai “Sì, ma”. Sì, buon ristorante, dicono, ma c’è di meglio, di più romagnolo, di più tradizionale. Ovviamente di meglio non c’è. Per i “Sì, ma” tradizione è sinonimo di decomposizione. Chissà perché mi immaginano come loro ossia necrofilo, collezionista di fotografie seppiate e lampadari kitsch. Forse la migliore definizione di tradizione è quella di Elémire Zolla: “La trasmissione dell’oggetto ottimo e massimo”.

Niente a che fare coi locali segnalati, discariche di perlinati e grissini confezionati, televisori, fiori finti, salini, pepini, quartini di vino sfuso, oliere, acetiere, formaggiere, bis, tris, stuzzicadenti, gagliardetti, trofei, attestati, autografi ingialliti e fette di limone, tantissime fette di limone, fette di limone sulla salsiccia, sulla bistecca, sul galletto, sul fritto, se potessero metterebbero una fetta di limone anche nella tazzina del caffè, ci sono più limoni nelle trattorie della sedicente tradizione romagnola che in tutta la Costiera Amalfitana. Quando affermo che la Sangiovesa è il tempio della cucina romagnola si annuisca in silenzio. Chi osa contraddirmi sia condannato a mangiare fritto fradicio di limone fino alla resurrezione di Tonino Guerra.

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