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Preghiera

Anche i liberal possono diventare liberali

Camillo Langone

Anna Wiener, giovane femminista newyorchese che usa la parola "sessismo" fino alla nausea, ha scritto un libro che mette voglia di libertà

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Robert Conquest diceva che tutti sono di destra, anche quelli di sinistra, in merito a ciò che conoscono meglio. Anna Wiener dimostra che anche un liberal può diventare liberale, quando sperimenta meglio l’oppressione. “La valle oscura” (Adelphi) è il diario californiano di una giovane femminista newyorchese che usa la parola “sessismo” fino alla nausea e che ha fatto campagna elettorale contro il campione della libertà di espressione, Trump. Una illiberale perfetta, da caricatura. Che però trasferitasi per soldi nella Silicon Valley scopre di lavorare in una “società di sorveglianza” avente come obiettivo la dipendenza digitale, e di essere tiranneggiata da un venticinquenne che pretende, come tutti i diabolici amministratori delegati del Golden State, devozione quasi spirituale, dunque l’anima: “Voleva sapere: ero devota alla causa?”. E la Wiener devota non lo è abbastanza, si fa delle domande: “Perché dovevamo fingere che fosse tutto così divertente?”. Venire strapagati per lavorare a piedi scalzi in grandi uffici dove ci si muove in monopattino o waveboard sembrava bellissimo, ma troppi colleghi finiscono dall’analista, troppi si riempiono di droghe di ogni tipo, troppi vivono nel terrore del licenziamento, e lei ormai teme di essere monitorata anche quando va in bagno. Sviluppa una consapevolezza quasi heideggeriana verso la tecnologia distruttrice di identità. Nutre un senso di colpa per la sua collaborazione a un potere incontrollato e onnipervasivo. Liberale davvero forse non lo diventerà mai (continua imperterrita a dire “sessismo”) ma le si riconosca di aver scritto un libro che mette voglia di libertà.

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Robert Conquest diceva che tutti sono di destra, anche quelli di sinistra, in merito a ciò che conoscono meglio. Anna Wiener dimostra che anche un liberal può diventare liberale, quando sperimenta meglio l’oppressione. “La valle oscura” (Adelphi) è il diario californiano di una giovane femminista newyorchese che usa la parola “sessismo” fino alla nausea e che ha fatto campagna elettorale contro il campione della libertà di espressione, Trump. Una illiberale perfetta, da caricatura. Che però trasferitasi per soldi nella Silicon Valley scopre di lavorare in una “società di sorveglianza” avente come obiettivo la dipendenza digitale, e di essere tiranneggiata da un venticinquenne che pretende, come tutti i diabolici amministratori delegati del Golden State, devozione quasi spirituale, dunque l’anima: “Voleva sapere: ero devota alla causa?”. E la Wiener devota non lo è abbastanza, si fa delle domande: “Perché dovevamo fingere che fosse tutto così divertente?”. Venire strapagati per lavorare a piedi scalzi in grandi uffici dove ci si muove in monopattino o waveboard sembrava bellissimo, ma troppi colleghi finiscono dall’analista, troppi si riempiono di droghe di ogni tipo, troppi vivono nel terrore del licenziamento, e lei ormai teme di essere monitorata anche quando va in bagno. Sviluppa una consapevolezza quasi heideggeriana verso la tecnologia distruttrice di identità. Nutre un senso di colpa per la sua collaborazione a un potere incontrollato e onnipervasivo. Liberale davvero forse non lo diventerà mai (continua imperterrita a dire “sessismo”) ma le si riconosca di aver scritto un libro che mette voglia di libertà.

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