Autoritratto con orecchio bendato di Van Gogh

Basta con l'arte del delirio e della follia

Camillo Langone

Prego per una società ordinata in cui i matti stiano nei manicomi e i quadri nei musei

Per un’arte assennata, per un’arte che sia terapia e non malattia. Va bene che l’arte è specchio della società ma la società non è così compattamente insana. C’è in giro tanta arte che si rotola nel delirio: il Museo della Follia a Salò, la mostra “Asylum” a Cagliari (appunto in un ex asilo psichiatrico), l’urlante murale di Blu sul muro dell’ex ospedale psichiatrico giudiziario di Napoli, il padiglione dionisiaco dell’incombente Biennale che sarà, leggo, un “inno all’ebbrezza”. Rappresentazioni della sobrietà, della lucidità? Nessuna. Del resto, da molti anni fanno la fila per vedere i quadri di uno che si tagliava le orecchie col rasoio, di un altro che si spaccava il naso a colpi di pietra, di un terzo a cui piaceva farsi picchiare dai maschi: quadri che esprimono perfettamente il precario stato mentale di Van Gogh, di Ligabue, di Bacon. Prego per una società ordinata in cui i matti stiano nei manicomi e i quadri nei musei, in cui venga apprezzata un’arte armoniosa, apollinea, recante conforto e non panico. Pregherò a lungo.

  • Camillo Langone
  • Vive tra Parma e Trani. Scrive sui giornali e pubblica libri: l'ultimo è "La ragazza immortale" (La nave di Teseo).