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Il Po in bicicletta

Camillo Langone
Tra Mantovano e Polesine oggi esistono paesi a maggioranza cinese, e di notte sul canale si aggirano solo rumeni o altri venuti dall’est, chiaramente a commetter reati, e “gli unici ad andare in bicicletta fuori dai centri storici sono gli africani”.
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Sempre caro mi fu il Po, e il suo ventaglio di affluenti: non potevo non leggere “Anime galleggianti” di Vasco Brondi e Massimo Zamboni, pubblicato da La nave di Teseo (anche l’editore naviga). I due musicisti sono scesi sopra una zattera di alluminio per un canale di nome Tartaro ed è come se fosse il Lete, un fiume d’oltretomba. Che adesso scorre nell’oltreItalia. I pesci autoctoni se li è mangiati il siluro, mostro infernale. Gli uomini autoctoni non se li è mangiati nessuno, a un certo punto hanno semplicemente smesso di riprodursi: tra Mantovano e Polesine oggi esistono paesi a maggioranza cinese, e di notte sul canale si aggirano solo rumeni o altri venuti dall’est, chiaramente a commetter reati, e “gli unici ad andare in bicicletta fuori dai centri storici sono gli africani”. Zamboni è un vecchio punk, ovvio che gli sovvengano le morte stagioni del sodalizio con Ferretti, il tempo dei leggendari gruppi CCCP e CSI, ma Brondi è giovane eppure nemmeno lui è ottimista, e la visita alla bocciofila di Ferrara gli suscita un pensiero terminale: “Mi ero accorto di avere di fronte l’ultima generazione di giocatori di bocce”. Nondimeno l’immagine della zattera che lentamente procede fra rive deserte mi appare un anticipo di eterno, mi trasmette profondissima quiete. E naufragar m’è dolce in quel canale.
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