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Con Casaleggio muore l'utopia di un'umanità virtuale

Camillo Langone
Beato Arnaldo Amalrico, tu che si dice rispondesti (a chi ti chiedeva come riconoscere gli albigesi dai cattolici nella pugna di Béziers) “Uccideteli tutti. Dio riconoscerà i suoi”, saprai che è morto l’ultimo degli albigesi, Gianroberto Casaleggio.
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Beato Arnaldo Amalrico, tu che si dice rispondesti (a chi ti chiedeva come riconoscere gli albigesi dai cattolici nella pugna di Béziers) “Uccideteli tutti. Dio riconoscerà i suoi”, saprai che è morto l’ultimo degli albigesi, Gianroberto Casaleggio. Che fosse un càtaro (o albigese o manicheo o altro sinonimo) me lo svelò il mio amico Roberto Dal Bosco, studioso del personaggio: “I càtari, per i quali Casaleggio ha un’adorazione patente, erano degli anticarnalisti: mortificavano il corpo, proibivano la riproduzione. Casaleggio sogna un’umanità così: sterile e a basso consumo, liberata dalla sua corporeità tramite le infinite possibilità del virtuale”. E’ morto dunque un eretico anzi un eresiarca? Il fondatore di una setta neo-manichea i cui aderenti si considerano, come sempre accade nelle sette manichee, gli unici puri in un mondo di zozzoni? Beato Arnaldo Amalrico, avevi ragione tu: a Dio il giudizio.
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