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Abbiamo bisogno degli eremiti di una volta!

Camillo Langone
Ermanno Cavazzoni racconta le autopunizioni dei Santi che dimoravano solitari nei deserti di Egitto, Palestina e Siria. Santi che non mangiavano o non bevevano o non dormivano.
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Si legga, nel giorno della crocifissione di Cristo, “Gli eremiti del deserto” (Quodlibet) in cui con stile piano e per nulla devozionale Ermanno Cavazzoni racconta le autopunizioni dei Santi che dimoravano solitari nei deserti di Egitto, Palestina e Siria. Santi che non mangiavano o non bevevano o non dormivano, che vivevano in cima a colonne o in fondo a cisterne vuote, magari appesantiti da ottanta chili di catene, Santi che non avevano indulgenza per sé stessi e nemmeno per gli altri: Sant’Ilarione rimproverò un’indemoniata, dopo averla liberata, perché pur essendo vergine qualche spiraglio a Satana l’aveva offerto di sicuro. Negli eremiti di quei lontani secoli era fortissimo il senso del peccato, il timore del Male, l’incombere del giudizio. Leggendo le loro vite sembra di leggere di un’altra religione, molto più efficace del cristianesimo senza croce che va per la maggiore. Innanzitutto quei campioni della fede guarivano i malati, e inoltre, all’occorrenza, ammansivano le belve feroci. “Questa guerra si argina solo con una politica di integrazione” ha detto il vescovo Galantino: chiedendo il soccorso dello Stato, e non di Dio, ha dimostrato di non saper ammansire nemmeno una zanzara. Prego perché dal deserto arrivi un eremita del tipo di colui che veniva morso dalle vipere e si curava con un segno di croce e si salvava.
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